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IL SISTEMA AMBIENTALE DELLA SARDEGNA

Tutela delle tartarughe marine. Il contributo del Corpo forestale

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Tra le azioni intraprese, per la protezione delle tartarughe marine la Regione Sardegna ha istituito la Rete Regionale per la Conservazione della Fauna Marina (tartarughe e mammiferi marini).
La scelta di individuare come nodi enti e organizzazioni già impegnate, nella conservazione, nella tutela e nella ricerca, ha permesso di dotare il territorio di uno strumento capillare e di linee guida di intervento alla cui efficacia il Corpo forestale ha storicamente dato il suo contribuito.

In particolare il Corpo, con il suo personale, è significativamente presente e attivo nelle fasi di ricezione e attivazione delle procedure di segnalazione e individuazione nel territorio dei rettili marini in difficoltà, nell’attivazione e collaborazione alle fasi del recupero, nel trasporto e consegna ai centri di primo soccorso, nel rilascio alla vita naturale degli esemplari che possono riguadagnare la libertà.

Sono molteplici le segnalazioni che il Corpo forestale, attraverso il 1515, il numero di emergenza ambientale, le sue sale operative ripartimentali, i suoi uffici e pattuglie nel territorio, riceve annualmente, molteplici gli interventi effettuati e gli esemplari soccorsi.

Certamente, per un operatore della tutela dell’ambiente, uno dei momenti significativi è poter partecipare a un rilascio in libertà di un esemplare salvato a cui concorrono varie istituzioni. Questo breve filmato, realizzato dal Centro regionale per la conservazione della fauna marina "Laguna di Nora" e gentilmente messo a disposizione del Corpo forestale, ne è una semplice testimonianza.

Video liberazione tartarughe

Le Tartarughe marine nel Mediterraneo
Il Mar Mediterraneo ospita stabilmente due delle sette specie oggi viventi e cioè la Caretta caretta o Tartaruga comune e la Chelonia mydas o Tartaruga verde.
Queste due specie frequentano e si riproducono nel Mediterraneo, mentre altre che vengono avvistate, anche occasionalmente, sono: la Dermochelys coriacea chiamata Tartaruga Liuto, Eretmochelys imbricata o Tartaruga embricata e la Lepidochelys kempii o Tatartaruga di Kemp

La Caretta caretta è la più diffusa e comune, essendo presente in tutto il bacino, seppure con densità variabili in relazione alla stagionalità e alla località geografica e con una diversa frequentazione delle aree a seconda dello stadio di maturità e della fase del ciclo riproduttivo raggiunti.

La Chelonia mydas, più rara, è una grande tartaruga marina in grado di raggiungere, da adulta, 140 cm di lunghezza e un peso generalmente variabile tra 90 e 180 kg.

Principali minacce
La fauna marina rappresenta, per i grandi vertebrati, una seria emergenza a causa della continua diminuzione della presenza di questi organismi nel bacino del Mediterraneo. Le campagne di monitoraggio delle popolazioni mostrano una netta diminuzione della presenza di molte specie anche nel nostro paese.

Le principali minacce per le tartarughe marine sono da ricercare nella pressione antropica su entrambi gli habitat, quello marino e costiero, in cui le tartarughe vivono e si riproducono.

Molteplici le cause che incidono sul declino delle popolazioni in varia misura:
- l’eccessivo prelievo, da parte dell’uomo, di uova e di adulti a scopo alimentare o commerciale. Compiuto soprattutto nelle aree tropicali, il fenomeno rappresenta una delle principali minacce a livello mondiale, che in passato è stato ampiamente documentato anche nel nostro paese;
- la cattura accidentale durante l’esercizio della pesca. Si stima infatti, per il solo bacino del Mediterraneo, che siano migliaia le catture annue accidentali che si traducono troppo spesso nella morte degli esemplari che, sebbene liberati ancora vitali, vanno incontro a un’alta probabilità di morte in seguito al danno provocato dagli ami o dalle lenze che causano lesioni letali;
- altre cause di mortalità, più intense durante la stagione estiva, derivano dalla collisione con i natanti responsabile di danni da lesione più o meno gravi e principalmente riportati in corrispondenza delle pinne o del carapace;
- il disturbo sulle aree di nidificazione, dovuto alla massiccia presenza turistica e all’inquinamento acustico e luminoso;
- la contaminazione del mare da inquinanti chimici, inorganici e organici che producono dall’intossicazione e disturbi vari, dovuti alla presenza di metalli pesanti e composti organoclorurati, alla manifestazione di necrosi a livello dell’apparato digerente, dell’apparato urinario, del polmone e del cuore, fino alla comparsa di carcinosi epidermici o alla perdita di funzionalità degli organi di senso;
- concorre all’aumento di mortalità di queste specie protette, inoltre, un tipo di inquinamento derivato dai detriti presenti in mare (generalmente flottanti) e che rappresentano un motivo di intrappolamento diretto in quanto ingeribili: basti pensare alle buste di plastica o altri detriti semitrasparenti che vengono scambiati per meduse. La loro ingestione provoca una lunga serie di disturbi che vanno dal soffocamento, alla riduzione dell’assorbimento intestinale, al blocco intestinale, alla formazione di ulcere e ad altri problemi connessi con l’apparato digerente.