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SISTEMA DELLA PROTEZIONE CIVILE REGIONALE

Nucleare

Il rischio nucleare, inteso nel caso della Sardegna come rischio radioattivo è legato all'immissione nell'ambiente di sostanze radioattive.
La radioattività è difficilmente percepibile in quanto non è causa di effetti o sintomi immediati né sull'ambiente né sulle persone, a meno, ovviamente di una forte esposizione a breve distanza.

I rischi per la salute derivano, infatti, dalla possibilità di sviluppare malattie negli anni successivi all'esposizione.
La Legge Regionale N°8 del 3/07/003 definisce la Sardegna " territorio denuclearizzato". Con tale legge si dichiara infatti che il territorio regionale della Sardegna sarà denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale, ad esclusione però dei materiali necessari per scopi sanitari, per il supporto della sicurezza, del controllo e della produzione industriale e per la ricerca scientifica.

In Sardegna, il rischio radioattivo è legato alla presenza sul territorio di basi militari americane, principalmente localizzate nell'area a nord, arcipelago di La Maddalena (Provincia di Olbia-Tempio) e nella zona sud in provincia di Carbonia-Iglesias. In particolare, l'Isola di Santo Stefano (Arcipelago di La Maddalena), ha ospitato dal 1972 al 2007, due strutture militari: una Nato ed una Statunitense - distaccamento del Navy Support Activity, costituito da 18000m3 di edifici e da una nave appoggio per l'assistenza ai sommergibili nucleari, nella cui stiva sono stoccati notevoli quantitativi radioattivi per i propulsori sottomarini.

Dal 1999 le Prefetture hanno il compito di redigere i Piani di Emergenza Nucleare per le aree a rischio di propria competenza, in particolare la Prefettura di Sassari – Ufficio Territoriale di Governo ha provveduto alla redazione del Piano di Emergenza Nucleare per La Maddalena.

L'ultimo incidente, coinvolgente La Maddalena risale al 25 ottobre 2003, in cui il sottomarino nucleare USS HardFord ha urtato sui fondali dell'area riportando danni sulla parte anteriore dello scafo ed al timone. Gli unici dati, che furono resi pubblici successivamente a tale incidente, sono relativi allo stato delle acque della zona interessata: le acque marine non parvero risentire e non presentarono un inquinamento di tipo radioattivo, e tanto meno, quindi, si riscontrarono problematiche di esposizione delle persone.