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FORESTE E PARCHI DELLA SARDEGNA
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Biancospino
Fiori di biancospino
Crataegus monogyna Jacq.
Divisione: Angiospermae
Classe: Dicotyledones
Ordine: Rosales
Famiglia: Rosaceae
Nome sardo: Kalabrike, Kalavrike, Kalabrigu, Koarviu

Corologia: Il biancospino è diffuso in gran parte dell'Europa, Asia minore, Caucaso e Nord Africa. Tipo corologico: Paleo-temp.

Descrizione: Arbusto o alberello di 5-6 metri molto spinoso e ramificato. Corteccia liscia color cenere. Foglie caduche, alterne, profondamente lobate, con tre o cinque lobi dentellati, lunghe 3-6 cm.; picciuolo di 1-3 cm. Fiori ermafroditi bianchi, numerosissimi in corimbi eretti semplici o composti; 5 petali, stami numerosi e 1 stilo. Il frutto è una drupa di 6-9 mm., globosa, ovoidea, carnosa, rossa e contiene un unico seme.

Fenologia: La fioritura avviene ad aprile maggio, ed è preceduta dall'emissione delle foglie. I frutti maturano
ad ottobre- novembre e permangono sulla pianta fino alla primavera.

Habitat: E' una specie eliofila, indifferente al substrato. Vegeta ai limiti dei boschi e nelle radure, si ritrova anche nel sottobosco ma è poco vitale ed in genere non fiorisce.

Forma biologica: Nano o microfanerofita: si tratta cioè di una specie legnosa con gemme e germogli che si trovano, rispettivamente, tra 25 cm e 2 m (nanof.) oppure tra 2 e 8 m da terra (microf.).

Usi e curiosità: Si può propagare per seme, anche se ha un periodo di dormienza di circa 18 mesi per cui è preferibile riprodurlo per talea o e per polloni radicali. Pianta molto longeva viene utilizzata sia come pianta ornamentale che per la formazione di siepi autoctone di delimitazione allo stato puro o frammista ad altre essenze. Il legno è duro, compatto e pesante si presta bene per lavori al tornio. I fiori ed i frutti hanno proprietà cardiotoniche e vasodilatatrici. La corteccia contiene una sostanza colorante gialla. Il biancospino è utilizzato come astringente e rinormalizzante cutaneo sulle pelli grasse. E' inoltre, un antiseborroico, antiacneico giovanile. In Barbagia, come fattura si preparava un pupazzo di sughero annerito alla fiamma, il quale veniva trafitto da aculei di biancospino. A Sadali, per scongiurare il malocchio nei confronti del bestiame, nel recinto adibito alla mungitura, "sa korti", venivano messi tre rami di biacospino. A Tonara, per evitare la mortalità del bestiame il pastore, aderendo ad una credenza superstiziosa, evitava di portare in casa legna di biancospino.

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