Logo Regione Autonoma della Sardegna
FORESTE E PARCHI DELLA SARDEGNA
sardegnaforeste  ›  foreste e parchi  ›  sentieri  ›  barbagia  ›  sentiero texile t-521a  ›  texile, aritzo
Texile, Aritzo
 
info
Monumento naturale di Texile
Su Texile, o meglio il Meseddu de Texile, è un taccu calcareo del Giurese, che sorge, come un blocco a forma di fungo sbrecciato, dalle pareti verticali ed in parte strapiombanti, su un rilievo coniforme modellato nel complesso scistoso del Paleozoico. Il taccu, dalle pareti molto ripide, verticali o anche strapiombanti, alveolato da cavità carsiche, appare fortemente inclinato sul versante della valle del Rio S'Iscara, versante al quale si raccorda con un piedistallo conico inciso nelle arenarie sottostanti i calcari. Le sue dimensioni sono ragguardevoli: la superficie è di 0,8 ha, con una larghezza massima di 60-70 m e minima di 50 m. La sommità ha una quota di 974 m e il piede di 950 m slm. Le bancate di calcari e calcari dolomitici del Giurese che lo costituiscono poggiano su un imbasamento composto da una formazione conglomeratico - arenacea, attribuita al Permo-Trias, trasgressiva sul complesso metamorfico del Paleozoico pre - ercinico, rappresentato da metarenarie, filladi e metaconglomerati del Cambro-Ordoviciano.

Il Texile è uno dei testimoni dell'antica copertura calcarea giurese (Dogger - Malm inferiore), risparmiati dall'erosione, nella depressione che orla il margine occidentale del massiccio del Gennargentu, lungo l'asse Tonara - Belvì- Aritzo. La serie giurese si depositò in ambiente circumlitorale con mare poco profondo, raggiungendo lo spessore massimo di circa 50 m. Il blocco è profondamente fessurato, con esemplari di Quercus ilex radicati nelle spaccature.

Il Texile, come gli altri tacchi, ospita una flora prevalentemente calcifila e adattata a condizioni altamente xerotermiche, che contrasta con quella delle valli e dei monti circostanti, dove il bosco è formato da specie caducifoglie. Questa peculiarità dipende non solo dalla posizione sommitale, ma anche dal supporto calcareo. Il leccio qui sale ad una altitudine inconsueta nel massiccio del Gennargentu.

Sono presenti anche endemismi risalenti ad una flora prequaternaria, che vi ha trovato rifugio (MARTINOLI, 1956). L'insieme è singolare e la visione che se ne ha all'improvviso dai pressi della cantoniera Cossatzu, provenendo da S, non si dimentica facilmente. Forme simili costituiscono attrattive famose in altre regioni italiane: per esempio la Pietra di Bismantova, un testimone isolato di calcarenite sovrastante argille marnose mioceniche, menzionato da Dante nel Purgatorio (IV, 25- 27). Altre emergenze naturali prossime sono Su Campanili di Gadoni, proposto come monumento naturale, e la grotta di Su Stampu e'Tùrrunu presso Seulo. In località Riu Brebegargius di Gadoni si trovano graptoliti in argilloscisti neri del Siluriano. Le bancate della serie trasgressiva del Permo - Trias - Giurese, discordante sull'imbasamento scistoso del Cambro - Ordoviciano (Paleozoico), sono mediamente dirette N40°E-S40°0 ed immergono verso S50°E con inclinazione di 20°. I sistemi di fratture, verticali o subverticali, sono in prevalenza diretti NO-SE e NE-SO.

La morfologia del Texile è tipica anche di altri rilievi della regione circostante, come il Tònneri di Belvì, indicato sulla cartografia come Pitzu ‘e Pranu (846 m), e il Tònneri di Tonara, che insieme rappresentano gli avamposti di altopiani calcarei che diventano più ampi verso S.L'unità paesaggistica originaria è quella di un ambiente sub-montano, la cui morfologia relativamente morbida, modellata sugli scisti filladici paleozoici, è stata ringiovanita dalla sovrapposizione di un reticolo idrografico molto ramificato impostato secondo le principali linee strutturali. La zone boschive si estendono soprattutto sui versanti vallivi più acclivi, mentre i dossi arrotondati sono prevalentemente a pascolo. La lecceta originaria è stata in parte sostituita dal castagneto e dal noccioleto. Nelle aree limitrofe al Texile è stato attuato un rimboschimento di conifere. Il paesaggio agrario varia notevolmente a seconda dell'altitudine, esposizione e clinometria dei versanti vallivi. Sono tuttora diffuse, anche se in diminuzione, le colture del castagno, del noce, del ciliegio e del nocciolo.

Sui fondovalle erano particolarmente imponenti i grandi alberi di noce, di cui restano alcuni esemplari. Rimangono lembi degli orti di Belvì, la cui coltivazione era favorita dalle numerose sorgentelle di contatto fra la serie mesozoica, permeabile, e i sottostanti scisti praticamente impermeabili. Il nome di Iscara di Belvì indica infatti un fondovalle umido e fertile (da insula, cfr. PAULIS, 1987).