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Pan di Zucchero e faraglioni di Masua, Iglesias
Sulcis, tramonto a Pan di Zucchero
Ultimo aggiornamento: 26/04/2010

Il Pan di Zucchero si erge nella magnifica insenatura di Masua, piccolo centro minerario della costa iglesiente.
Il Pan di Zucchero si erge nella magnifica insenatura di Masua, piccolo centro minerario della costa iglesiente. E’ uno splendido scoglio di calcare cambrico originatosi dall’erosione marina che ne ha determinato l’isolamento dalla terraferma (Punta Is Cicalas). La sua forma massiccia e arrotondata (133 m altezza; 3,72 ha superficie) richiama per certi versi il famoso Pao de Azucar della baia di Rio de Janeiro, da cui il nome di Pan di Zucchero, che già alla fine del ‘700 sostituiva quello sardo locale (Concali su Terràinu). L’acqua piovana, con l’azione solvente sulle rocce carbonatiche, vi ha prodotto importanti fenomeni carsici, come le due grotte a forma di galleria che si aprono al livello del mare. Sono strutturalmente collegati allo scoglio i faraglioni detti del Morto e di S’Agusteri.

Provvedimento istitutivo: Decreto Assesorato Difesa Ambiente n. 706 del 29.04.93

L’emergenza naturale e il suo ambiente
Lo scoglio di Pan di Zucchero, testimone di erosione marina, si eleva sul mare per un’altezza di 133 m e con una superficie di 3,72 ha, a S di Punta de Is Cicalas, cui idealmente si raccorda. Esso appare come l’avamposto settentrionale di un corteggio allineato di scogli minori, pure di colore bianco, che spiccano sulla costa antistante dalla tinta violacea. Due di essi sono denominati S’Agusteri e il terzo, il più meridionale, Il Morto. Questi elementi sono strutturalmente collegati l’uno all’altro e pertanto fanno parte integrante del monumento. L’isolotto del Pan di Zucchero e gli scogli de Il Morto e di S’Agusteri, come pure l’alta falesia di Punta de Is Cicalas che fa loro da sfondo, sono costituiti da “calcare ceroide”, termine superiore del complesso carbonatico del Paleozoico (Cambriano inferiore). Il calcare ceroide, in parziale eteropia verso il basso con la sottostante dolomia grigia massiva, è un calcare chimicamente quasi puro, di colore prevalentemente biancoceruleo o grigio bluastro, definibile macroscopicamente come micrite e al microscopio elettronico come spatite. Caratteristica è la presenza di qualche granulo di quarzo e localmente di barite sinsedimentaria di ricircolazione. Non si sono riconosciuti resti fossili. Il calcare è chiazzato di “dolomia gialla” secondaria riferita ad un ciclo carsico del Permo-Trias, intermedio fra quelli antichi del Paleozoico e quello attuale. L’azione erosiva del mare, sviluppandosi dal Cambrico all’attuale secondo le lineazioni tettoniche principali, ha determinato la separazione dell’isolotto del Pan di Zucchero dal complesso calcareo della terra ferma. Al modellamento del blocco così isolato hanno contribuito anche gli atmosferili, con l’azione solvente delle acque piovane e il cesellamento eolico del maestrale e del libeccio, i venti marini dominanti. Lo sviluppo del carsismo nel Pan di Zucchero è testimoniato dalla presenza di due grotte di attraversamento marino, entrambe orizzontali, poste a livello del mare. La prima (n. catastale 72 Ca) è lunga 20 m, con uguale sviluppo, mentre la seconda (n. catastale 1021 Ca) raggiunge i 25 m, di lunghezza e di sviluppo. Per la sua forma gli è stato dato un nome che richiama il noto Pão de Azucar della baia di Rio de Janeiro, divenuto un termine di identificazione di una forma di erosione nel granito, evidentemente estranea al nostro caso. La prospettiva da terra consente di cogliere la cavità valliva incisa sulla parte alta, coperta da rada gariga. La fauna ornitica è rappresentata da gabbiano reale, cormorano e berta maggiore e minore. I faraglioni allineati de Il Morto e di S’Agusteri sono interpretati come “cunei listrici”, frammenti del complesso calcareo, di potenza variabile da 100 a 600 m, i quali, per effetto dell’orogenesi ercinica sovrappostasi all’orogenesi caledoniana, sono stati inglobati nella formazione conglomeratico- scistosa della costa di Nébida e quindi da questa isolati ad opera dell’erosione marina. Tutto questo tratto di costa possiede una grande varietà paesaggistica e morfologica. Nei pressi, osservando il monumento dalla costa dell’isola maggiore, si vede la falesia di Porto Flavia, dove si apre una galleria della miniera omonima, dalla quale il minerale veniva direttamente imbarcato. Tutt’intorno le falesie si ergono per 100-160 m. A N, oltre Punta de Is Cicalas, seguendo la costa via mare, a circa 2 km sbocca con la sua insenatura la Valle di Canal Grande, dove si trova la grotta omonima, pure monumento naturale. Entrambi i monumenti appartengono alla stessa unità paesaggistica, caratterizzata da dossi arrotondati alti circa 300-350 m, interrotti da erte falesie. Poco più a N si trovano le interessanti insenature di Porto Sciusciau e di Cala Domestica. Lungo la strada provinciale di Nébida si incontrano vari siti notevoli dal punto di vista naturalistico, come le dune di Is Arenas e la palude di Sa Masa. Poco a S, lungo la strada Fontanamare-Nébida, è visibile la ”discordanza cambro-ordoviciana” di Nébida, un sito di cui si propone l’istituzione in monumento naturale. Proseguendo verso N la costa alta, intagliata nella puddinga violacea, è ricca di promontori e insenature, fronteggiate da scogli calcarei bianchi.

L’interesse culturale
Il nome, di probabile origine colta, è usato da molto tempo: lo si ritrova nella Carta dell’Isola Sardegna di Vittorio Boasso, della fine del ‘700, e compare anche nella Carta della Sardegna di DELLA MARMORA (1845). Soltanto in per lo sfruttamento di masse mineralizzate a Pb e Zn - compare la denominazione Concali su Terràinu, che sarebbe il nome locale originario. Il termine Concali è presente in altre montagne del Sulcis Iglesiente, per esempio nel territorio di Teulada (PAULIS, 1993). È stato riprodotto in una litografia di V. A. POINSON nel volume di Roissard DE BELLET, La Sardaigne à vol d’oiseau..., del 1884, dove è inquadrato da Masua (PILONI, 1981). Sono facilmente accessibili lungo questo percorso la tonnara di Porto Paglia con la vicina torre costiera, gli impianti minerari di Fontanamare, da tempo abbandonati, e quelli parzialmente attivi di Nébida - Masua. Le emergenze archeo-industriali della zona sono dunque numerose e significative. Alcune cale sono state usate per l’imbarco dei minerali estratti nelle vicine miniere.

Tutela e valorizzazione
La ”Costa di Nébida” di fronte al Pan di Zucchero è destinata dalla LR 31/89 a riserva naturale (n. 7) e sarebbe quindi opportuno che anche il Pan di Zucchero ne facesse parte. Il monumento appare in buono stato di conservazione. L’area circostante è debolmente antropizzata e, ormai cessate le ricerche minerarie, non si intravvedono pericoli particolari di degrado. La Comunità montana n. 19 ha elaborato un progetto per la sua valorizzazione, nel quale si propone, tra l’altro, l’attrezzatura di Cala Masua per diportismo ed escursionismo. Da quest’insenatura infatti, si può convenientemente accedere via mare all’isolotto, che dista circa 2.500 m, mentre impervio è il tratto di costa ad esso più vicina, ad appena 300 m.

Scheda tecnica tratta da: I monumenti naturali della Sardegna - Barroccu Giovanni - Gentileschi Maria Luisa - Carlo Delfino Editore - 1996.
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