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Servitù militari: Sardegna e Friuli contro l'innalzamento delle soglie lecite di inquinamento

Sardegna e Friuli, le due regioni italiane in cui sono più presenti servitù militari, hanno concordato una linea d’azione comune nella commissione tecnica ambiente-energia della conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali.
Poligono Salto di Quirra
CAGLIARI, 16 LUGLIO 2014 - La Sardegna ha trovato un alleato nel Friuli Venezia Giulia nella battaglia per far modificare la norma che innalza le soglie degli inquinanti nei poligoni militari al livello di quelle applicate per le aree industriali. Questa norma, inserita nel decreto legge 91/2014, è considerata dalla Regione Sardegna - tenendo conto dei 34mila ettari di servitù militari presenti nell'isola - non compatibile con gli obiettivi di bonifica, né con il risanamento del territorio.

Così ieri Sardegna e Friuli, le due regioni italiane in cui sono più presenti servitù militari, hanno concordato una linea d'azione comune nella commissione tecnica ambiente-energia della conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali. Un tavolo tecnico al quale la Sardegna ha partecipato con una delegazione dell'assessorato dell’Ambiente, costituita da dirigenti ed esperti.

Le notevoli superfici territoriali occupate dalle aree militari, distribuite principalmente tra poligoni missilistici (Perdasdefogu-Quirra), per esercitazioni a fuoco (Capo Teulada), per esercitazioni aeree (Capo Frasca), aeroporti militari (Decimomannu) nonché depositi di carburanti, caserme e sedi di comandi militari, non possono essere indiscriminatamente e genericamente assimilate, hanno sostenuto Sardegna e Friuli, ad aree a uso industriale.

In definitiva, nell'ambito della Conferenza Stato Regioni, la Regione Sardegna e la Regione Friuli chiedono l’eliminazione dalla legge di ogni riferimento ai limiti validi per l’ambito industriale, ribadendo che prima di introdurre principi normativi specifici debba essere ridefinita con lo Stato, e notevolmente ridimensionata, la consistenza delle aree militari comprensiva dell’identificazione delle sub-aree ad alta intensità militare all’interno di tutti i poligoni del territorio regionale. L'intransigenza di tale posizione nasce dalla necessità di restituire alla collettività e a uno sviluppo sostenibile grandi aree del territorio regionale e di portare contestualmente alla bonifica, in tempi certi, le aree militari compromesse.

Ciò in continuità con la posizione recentemente assunta dall'attuale governo regionale nell'ambito della Conferenza nazionale sulle servitù militari, culminata con la scelta di non sottoscrivere il protocollo d’intesa con il Ministero della Difesa.

Ora la parola torna alla politica: le diverse posizione emerse oggi al tavolo tecnico saranno il punto di partenza della prossima riunione della conferenza Stato-Regioni.