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Accantonamenti, la Sardegna vince il ricorso contro il Governo. La Corte: no a princìpi tiranni in nome dei conti pubblici, il legislatore ha discrezionalità limitata

La Sardegna vince su tutta la linea il ricorso sugli accantonamenti in Corte Costituzionale contro l’ultima Finanziaria del Governo Gentiloni: l’articolo 1, comma 851, della Legge di Bilancio 2018, che definiva in 781 milioni la quota accantonamenti per l'isola, è stato dichiarato illegittimo.
Sentenza accantonamenti
Cagliari, 11 gennaio 2019 - La Sardegna vince su tutta la linea il ricorso sugli accantonamenti in Corte Costituzionale contro l’ultima Finanziaria del Governo Gentiloni: l’articolo 1, comma 851, della Legge di Bilancio 2018, che definiva in 781milioni la quota accantonamenti per l’isola, è stato dichiarato illegittimo (la Regione ne aveva pagati 684 perché aveva rifiutato l’intesa e impugnato la Finanziaria nazionale). Il Governo è ora obbligato a dare immediata attuazione alla sentenza cercando un accordo per definire una cifra equa, scrivono i giudici, sottolineando in modo netto due principi: la “ragione erariale”, ovvero la necessità di incassare denaro dalle Regioni per far fronte al debito pubblico, non può essere un “principio tiranno”. Non solo: il legislatore, scrivono sempre i giudici, dispone di una discrezionalità “limitata” dagli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale. Ovvero: il Governo non può fare quello che vuole, deve rispettare le indicazioni della Corte derivanti da un contenzioso e cercare un accordo con la Regione.

La sentenza depositata oggi a fine mattinata riconosce dunque pienamente le ragioni della Sardegna. Ma i giudici non solo ribadiscono la necessità che lo Stato avvii una “leale collaborazione” con le autonomie territoriali nella gestione delle politiche di bilancio e censurano il ritardo con cui lo Stato ha dato attuazione alle precedenti sentenze ma, con una decisone inedita, elencano i criteri con cui dovranno essere determinati i contributi che spettano alla Sardegna per il triennio 2018-2020, in attesa che si perfezioni l’accordo definitivo tra Stato e Regione. Eccoli: la dimensione della finanza della Regione rispetto alla finanza pubblica; le funzioni effettivamente esercitate e i relativi oneri; gli svantaggi strutturali permanenti, i costi dell’insularità e i livelli di reddito pro capite; il valore medio dei contributi alla stabilità della finanza pubblicata allargata imposti agli enti pubblici nello stesso periodo; il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali. Criteri che ricalcano pienamente le ragioni espresse dalla Regione nel suo ricorso.