Regione Autonoma della Sardegna [SITO ARCHIVIO]
Vai alla nuova versione
Vai al contenuto della pagina

Logo Regione Sardegna


Lettera aperta dell'Assessore Maria Antonietta Mongiu

03.12.08 - comunicati stampa - anno 2008
Quanto accade in Sardegna in questo momento impone a tutti di riflettere. Pare in pericolo una sorprendente esperienza di governo riformista, di politiche e di azioni positive per far uscire la Sardegna dal sottosviluppo, realizzare un maturo autonomismo e abitare la contemporaneità senza barattare il passato. Rischia di finire anzitempo un'esperienza di governo che valorizza propositivamente le identità di cui il territorio e le sue qualità materiali ed immateriali sono parte fondativa; un'esperienza che fa sintesi di quella cinquantennale dicotomia politico-intellettuale tra localismo regressivo e internazionalismo di maniera.

Può interrompersi traumaticamente un'esperienza in cui l'istruzione e la conoscenza sono il baricentro del governo; un'esperienza in cui chi ha un progetto di studio lo può realizzare in qualsiasi parte del mondo e chi vuol fare ricerca la può fare senza passare attraverso le forche caudine di baronati o gruppi variamente declinati. Quali le ragioni? Secondo alcuni, affetti da bizantinismo politico, a tutta prima per una questione sintattica o lessicale; per altri, sempre più causidici con il passare degli anni negli scranni del consiglio, a ragioni di primato dell'organo legislativo rispetto all'esecutivo o forse il contrario; per altri a ragioni riconducibili a tratti caratteriali, segno di una deriva ormai digradante nel personalismo autoreferenziale.

Chi ha accettato di condividere il governo della cosa pubblica perché si realizzasse un progetto ed un programma e, su scelta del Presidente, da tecnico di svolgere un ruolo politico su indicazione anche di una parte della maggioranza che quel progetto ha contribuito a scrivere e ha condiviso; chi ha vissuto nella vita reale e continua a voler svolgere una funzione ed un ruolo nell'assoluta normalità dei comportamenti, non capisce perché esponenti della maggioranza eletti per attuare un programma abbiano l'altra sera votato con esponenti di Alleanza Nazionale, Forza Italia, Riformatori e vario altro, contro la Giunta che quel condiviso programma sta realizzando con esiti riconoscibili e riconosciuti.

Con quali parole, con quale intonazione di voce, con quali giustificazioni possiamo spiegare e spiegarci tutta questa carica di distruzione a chi si aspetta da noi gesti coerenti, conseguenti e costruttivi?
Come si può dare senso a gesti di tale letale potenza, lontani dal progetto e dal programma ed insieme dalla dialettica che deve produrre sintesi, pena essere a ragione tacciati di personalistico istinto a perpetuare la propria rendita di posizione?

Persiste ancora nella sinistra quell'antica, latente e insana volontà di perdersi nel momento in cui si riesce, per mille faticose ragioni, a governare in forme non marginali, subalterne o peggio gregarie? Storie personali e partitiche di frazionismi, di conflitti, di distinguo, di scissioni fanno persistere ancora l'autopercezione di non essere all'altezza e di non riuscire ad essere una vera forza di governo? Siamo ancora nella deriva ideologica e settaria? Forse la sinistra, tutta la sinistra non è una forza effettivamente riformista?
Non è esattamente così. Perché questa è la parte nobile dello storico dilemma nella sinistra. La parte meno nobile rischia di raccontare altro; dopo il diluvio, quando tutti si è sconfitti, l'orizzonte è una deriva populista che fa piazza pulita dei distinguo, delle precisazioni e soprattutto degli interessi dei più deboli ed indifesi che sono quelli di cui la sinistra deve prendersi cura e tenere in sommo conto.

Le vicende di questi ultimi vent'anni hanno, in tal senso, insegnato molto a chi è vissuto nella realtà ma forse non abbastanza a chi ha trascorso tutta la vita dentro la politica fine a se stessa; quella politica che credevamo finita per sempre e da cui occorre prendere distanze. A questa politica viene da chiedere di ritornare dentro la realtà e vedere la totale incomprensione che riguarda quel voto, svalutativo e distruttivo, che finisce per colpire un'esperienza capita e difesa dai più.

Non abbiamo imparato niente dai nostri studenti che difendendo disperatamente l'istruzione pubblica e quindi il loro futuro ci hanno urlato che non vogliono pagare il peso delle nostre crisi? E' ancora lecito sperare che il bene comune sia l'orizzonte per cui la sinistra chiede di essere riferimento? E' ancora possibile non deludere la fiducia di larghi strati della nostra popolazione che sognano una Sardegna ed un mondo in cui le pari opportunità siano garantite al di là del reddito? Possiamo ancora credere in una sinistra che pratichi la bella politica che prende distanze dalla suburra degli accordi di piccolo cabotaggio e possa essere finalmente riformista e pragmatica come accade in altre parti del mondo?
Lo dobbiamo credere e lo dobbiamo praticare profondamente e per tale ragione è legittimo esigere, come nella migliore tradizione della sinistra, un'esaustiva riflessione su quanto sta accadendo.

Maria Antonietta Mongiu