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Betile, conferenza stampa di presentazione

Cagliari, lunedì 20 novembre 2006, Lazzaretto di Sant'Elia
Presidente Soru:
"Ancora grazie e speriamo che questa presentazione sia di interesse per voi".

Stefano Boeri (Direttore responsabile rivista Domus):
"Buongiorno, allora cercheremo di essere brevi nell'introdurre Zaha Hadid in modo da darvi poi la possibilità di vedere con calma i risultati del concorso di cui parliamo oggi.
Oggi è una giornata particolare, abbiamo tra di noi Zaha Hadid che è l'architetto che ha vinto il concorso internazionale, e che non ha bisogno di presentazioni ovviamente, che ha vinto il concorso internazionale per il museo di arte archeologica e contemporanea di Cagliari.
Ma abbiamo tra noi, ci raggiungerà tra poco anche Paulo Mendes da Rocha, un architetto brasiliano che ha vinto il premio Pritzker che è equivalente al premio Nobel per l'architettura, premio che anche Zaha Hadid ha vinto 2 anni fa Zaha Hadid anche Paulo Mendes da Rocha è a Cagliari oggi non per turismo ma perché sta insieme al presidente della Regione e all'Ersu ragionando sulla possibilità di una architettura legata all'Università da realizzare a Cagliari.
Allora credo che questa giornata è una giornata importante, credo che è una giornata che segnala forse l'inizio di una fase nuova per l'architettura e il disegno del paesaggio in questa città, in questa regione. E il fatto che comincino a esserci architetti, dei paesaggisti noti, bravi, che vengono in Sardegna e che partecipano a un grande ambiziosissimo progetto di ridisegno dell'architettura in Sardegna, credo che sia un segnale che la Sardegna sta dando in questo momento non solo all'Italia ma all'Europa e al mondo intero di cui dobbiamo assolutamente tener conto.
Il concorso che Zaha Hadid ha vinto è un concorso molto complicato, molto difficile, personalmente devo dire io ho partecipato a molte giurie e ho seguito come direttore di una rivista di architettura molti concorsi e trovo che il tema posto ai concorrenti era un tema davvero difficile si trattava di trovare uno spazio dove fare incontrare senza confondere i reperti dell'archeologia nuragica e le opere dell'arte contemporanea. Farli incontrare senza confondere, voleva dire pensare a uno spazio dove queste due sfere, questi due mondi, potessero in qualche modo confrontarsi, trovare degli spazi adatti, anche dimensionalmente, a due mondi che ospitano oggetti che hanno dimensioni anche fisiche spesso estremamente diversificate.
Si trattava di immaginare accanto ai luoghi dove ospitare gli oggetti prodotti da questi due mondi che comunque appartengono alla storia di quest'isola, al presente di quest'isola, trovare anche degli spazi di ricerca, pensare che questo museo non fosse solo un museo ma fosse anche un luogo di ricerca e di formazione ma non solo, pensare che questo museo, oltre a luogo di esposizione, di ricerca e di formazione, fosse anche un volano, fosse anche qualche cosa che permettesse oggi a chi vive e arriva in Sardegna di tener conto delle decine di altri luoghi straordinari, dove la cultura nuragica ha lasciato spazio.
Quindi il tema del concorso, il tema della giuria, che ha studiato osservando più di 120 progetti/concorrenti, che hanno partecipato alla prima fase e i nove gruppi che sono stati selezionati per la seconda fase è un tema davvero difficile, nel senso che era difficile, in un numero ridotto di tavole, con un plastico e con delle immagini, restituire a pieno questo concetto del tutto nuovo di uno spazio che guarda al passato e guarda insieme al futuro, guarda al mondo, con i piedi però ben saldi nella storia delle vicende di questa terra che vuole accogliere e attrarre l'attenzione, ma subito capace di proiettarla verso un'area più vasta, verso le altre decine di luoghi che quest'isola oggi offre, straordinari, per la cultura, la conoscenza e la ricerca. Noi ci siamo trovati di fronte a nove progetti di altissima qualità, e lo dico senza nessun problema - l'assessore Campus che è qui con me lo può confermare – abbiamo fatto molta fatica a scegliere il vincitore. Tendenzialmente abbiamo visto tre grandi famiglie di atteggiamenti, se posso riassumere brevemente le considerazioni che sono state fatte anche dalla giuria. Sapete che il luogo, qui vicino, dove il museo nascerà è un luogo particolare, il presidente della Regione ha voluto fortemente che fosse questo il luogo dove nascesse questo segno, insieme simbolo di un nuovo modo di relazionare passato e futuro della Sardegna in un quartiere difficile per una storia recente, come il quartiere di Sant'Elia, ma in una zona vicina, connessa alla città di Cagliari. Ecco, in questa zona, alcuni concorrenti hanno pensato che il museo potesse essere concepito come un'aggiunta: una ultima aggiunta a una sequenza di edifici solitari, che comunque hanno fatto la storia di questo pezzo di città: quelli del quartiere di Sant'Elia, ma in un certo senso anche i magazzini portuali. E hanno lavorato aggiungendo un pezzo di architettura isolato. Questo è stato un atteggiamento che due o tre concorrenti hanno seguito anche con alcune sofisticazioni architettoniche: pensando che questo oggetto isolato potesse essere una piastra posizionata anche in mezzo all'acqua per esempio; o cercando di stabilire un legame col movimento della costa. Poi c'è stata una seconda famiglia di partecipanti che invece ha lavorato cercando di costruire un oggetto unico che fosse non in continuità ma in totale contrapposizione rispetto al panorama del paesaggio: una torre, un grande cubo, un grande monolite, che in qualche modo nella sua spazialità potesse ricordare la cultura antica delle pietre sarde. Questa è stata una seconda famiglia che ha dato luogo a progetti di grande forza, di grande forza simbolica. E poi c'è stata una terza famiglia che in qualche modo ha pensato che il modo migliore di costruire un luogo che potesse attrarre i cittadini di questa terra e i suoi visitatori non fosse quello di agire per reazione, per contrapposizione al paesaggio, non fosse quello di semplicemente adattarsi, ma fosse quello di prendersi cura dell'intero paesaggio di questo pezzo di città. Ci sono stati pochi architetti che hanno deciso che in qualche modo era l'architettura che doveva diventare paesaggio, era l'architettura stessa che poteva muoversi, allargarsi; in qualche modo allungare le braccia per poter mettere in connessione pezzi diversi di questo territorio e pezzi diversi di questo paesaggio. Ecco io credo che lo straordinario progetto di Zaha Hadid ha questa qualità: è insieme un'architettura ed è insieme un pezzo di costa. E' insieme un elemento del tutto artificiale che però non nasconde la pretesa di collegarsi alla naturalità di questo pezzo del territorio cagliaritano. E' insieme un luogo interno, percorribile attraverso una sequenza di spazi interni molto articolati, ed è insieme uno spazio calpestabile, un percorso, un elemento oleografico. Questa è stata un po' la ragione per cui in modo unanime e forte da parte della giuria è prevalsa questa attenzione, grazie anche al supporto continuo dell'assessore Elisabetta Pilia e del suo staff tecnico, e questa è stata la conclusione di questa vicenda che considero ripeto di grandissimo interesse e novità. Mi fermo qui e do la parola all'architetto Zaha Hadid. Grazie".

Zaha Hadid:
"Grazie signor Presidente, grazie a tutti, per me è un onore essere qua. Posso raccontarvi barzellette se volete oppure vi posso mostrare il mio progetto. Ho pensato che probabilmente sarebbe stato molto utile mostrarvi i progetti precedenti, perché così vi avrei potuto dare un'idea di quello che è stato nel passato e che ha influenzato ora la mia opera. Quindi adesso passiamo all'illustrazione di questi miei precedenti lavori, che è importante vedere per capire il progetto. Abbiamo tantissimi progetti in sviluppo anche adesso in Italia, a Roma, che sono pienamente in cantiere, e sicuramente questi possono dare un'idea di come sia importante lo studio del campo, proprio come luogo di lavoro, e i punti di intersezione dei campi negli spazi delle gallerie. Invece in un altro progetto a Salerno abbiamo cercato di combinare l'organizzazione lineare con la forma di una conchiglia del terminale. Ed è chiaramente adesso in cantiere. E' sempre comunque una ricerca riguardante le linee, la struttura, l'organizzazione delle forme. Poi la stazione di Napoli: anche qui c'è una combinazione tra l'organizzazione, il movimento, le linee che sono fluide. E in Italia c'è una tradizione di questo genere appunto per l'ingegneria navale ed edile. E ancora tutta un'altra serie di progetti che sono il risultato delle combinazione dell'ingegneria, della struttura, della materialità. Un altro progetto che è pertinente a quest'ultimo. Abbiamo lavorato tantissimi anni nella ricerca riguardante lo spazio civico e quindi la combinazione tra l'organizzazione ma anche le linee fluide, la combinazione tra dentro e fuori. A questo punto è un progetto dove c'è rappresentata l'idea dell'edificio che si solleva verso l'alto e verso tutto lo spazio circostante. Qui è importante anche la relazione di uno spazio che è di due stanze oppure di tre stanze, e la struttura: non ci sono colonne nella stanza ma questo sistema di coni. E' un museo dedicato alla scienza. Qui si tratta appunto di un'organizzazione lineare con molti livelli che si susseguono. Parlerò con parole molto semplici. E' stato concepito come parte del paesaggio, quindi non deve assolutamente creare un distacco tra la costa e il resto dello spazio urbano, ma deve integrarsi profondamente con essi. Vorrei sottolineare l'importanza dell'ambivalenza del progetto: così come i modernisti erano stati influenzati dall'arte antica, così anch'io sono stata influenzata dall'arte classica che però deve produrre una combinazione congrua con l'arte del futuro. E c'è il vuoto che può essere concepito sia come un luogo interno che esterno. E' importante l'idea dell'intersezione, della fluidità degli spazi e dei movimenti che devono essere collegati. Si tratta di viaggi che si intersecano fra di loro e c'è un continuo rimando di riferimenti. Ci sono spazi che fanno parte di ciò che sta dentro, ma possono essere considerati anche come spazi esterni. Vi mostro anche un altro progetto che può essere utile per capire la combinazione dell'edificio con l'ambiente. Qua si parla ancora della relazione tra l'edificio e la terra, il luogo nel quale sorge, e quindi queste torri che si intrecciano ma che sembra che nascano dalla terra e con essa si fondino, come delle radici. Bene, grazie".

Domanda dalla sala:
"Come è stato accennato anche prima, questo museo è un sfida. Il progetto dava delle indicazioni di creare delle contaminazioni tra l'arte nuragica e l'arte contemporanea. In questo senso la sfida è quella di un'interattività che più che all'arte classica rimanda ai centri della scienza. Ecco, vorrei capire come questo concetto di interattività è stato tradotto all'interno della progettazione e degli spazi interni al progetto".

Zaha Hadid:
"Sono zone comunque separate. Però c'è una unione visiva. E comunque è chi ne fruisce che deve pensare a come queste combinazioni funzionano. Ma si tratta di elementi separati che vengono combinati nell'occhio del visitatore".

Domanda dalla sala:
"Qualche profano ha detto: 'Quest'opera sembra un gigantesco igloo'. Che cosa ne pensa di questa definizione?"

Zaha Hadid:
"Ma sa, le persone quando hanno un primo impatto con qualcosa che non è familiare, ovviamente devono nominare questi oggetti nuovi. Però certamente ha più a che vedere con una relazione con il paesaggio che con un igloo. Però non mi dispiacciono gli igloo. E questo è comunque un igloo squagliato".

Presidente Soru:
"Se non ci sono altre domande, semplicemente volevo ringraziare la professoressa Zaha Hadid per essere qui con noi oggi e andare giù a inaugurare la mostra. E allora, solo un pensiero. E' difficile chiedere a un artista di spiegare il suo lavoro. E in effetti ci sono un sacco di artisti, pittori che proprio detestano spiegare il proprio lavoro. Semplicemente lo fanno vedere e dicono alla gente: 'Guardatelo, traetene quello che volete'. E mi pare che anche Zaha Hadid un po' faccia questo. Ci parla anche con un inglese un pochino difficile che noi stentiamo a comprendere, abbiamo bisogno dell'interprete ecc. ecc. E allora credo che più che con le sue parole, lei ci abbia parlato col suo lavoro: e il suo lavoro è effettivamente splendido, è bellissimo, e ci racconta il suo modo di vedere le cose, il suo modo di vedere il mondo. E veramente sorprende di come faccia a immaginare forme così forti, così difficili, così ambiziose, così complicate: e riportarle alla semplicità di un edificio che alla fine deve stare in piedi e deve funzionare. E quindi veramente i complimenti più sentiti. E io sono, credo come tutti voi, felice che Cagliari avrà un edificio come questo, e sono felice che questo possa essere un luogo forte di valorizzazione di questo patrimonio immenso che noi abbiamo in Sardegna e che forse non abbiamo ancora compreso appieno neanche noi, e non avendolo compreso appieno neanche noi difficilmente siamo stati capaci di spiegarlo al mondo. Zaha Hadid, dall'Iraq, da Londra, ci aiuterà a farlo. Adesso lo studio impiegherà qualche mese a fare il progetto esecutivo e appena avremo il progetto esecutivo faremo il bando per la costruzione. E quindi speriamo, nel 2007 finiremo la progettazione e magari negli ultimi mesi riusciremo a fare il bando per l'appalto dei lavori. Il costo complessivo mi pare che sia circa 45 milioni di euro. Volevo infine presentare una persona, il professor Mendes da Rocha, che oggi è arrivato dal Brasile. E' venuto a vedere Cagliari e credo che regalerà a Cagliari, in futuro, un'altra bellissima architettura".