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Intervento conclusivo all'assemblea generale dei sindaci e dei presidenti delle province

Arborea, venerdì 20 ottobre 2006, Hotel Ala Birdi
"Capisco che l'ora è tarda, però vorrei, senza approfittarne troppo, utilizzare comunque questa magnifica occasione per parlare con voi. Vi ringrazio ancora intanto per essere venuti così numerosi e per esservi trattenuti fino ad adesso. Queste occasioni di incontro sono assolutamente preziose e forse dovremmo incontrarci più spesso. Le volte che ci incontriamo lavoriamo e dai lavori nasce qualcosa. Così è successo quando abbiamo iniziato a vederci per le entrate e non crediate che siano stati di poco conto quegli incontri, che sia stata di poco conto la vostra adesione o che non sia stata determinante invece la vostra partecipazione attiva, il vostro incoraggiamento, la venuta a Roma.

Quella battaglia è assolutamente la battaglia vinta da tutte le istituzioni della Regione e da tutte le parti sociali. Quindi, quegli incontri che abbiamo fatto sono stati determinanti, e credo che determinanti possano essere tante altre occasioni di cui abbiamo l'opportunità di discutere assieme, in maniera anche non formale, in maniera proprio di incontro di lavoro, come abbiamo fatto anche oggi, dove qualcuno ha ritenuto utile portare anche argomenti non all'ordine del giorno e credo che bene abbiano fatto sentendone l'utilità.

E allora, dal mio punto di vista, per cercare di rendere ulteriormente utile questa riunione, ho ricevuto la vostra preoccupazione ed è una preoccupazione anche mia, questa sulla complessità e sull'iter della progettazione integrata. E quindi raccolgo l'invito a prestare tutta l'attenzione necessaria.

Credo che abbiamo anche chiarito che la progettazione integrata si è svolta con laboratori territoriali, con una serie di consulenti, che la Regione ha chiamato affinché dessero i loro servizi ai territori, ai comuni, e per fare in modo che tutto il lavoro venisse fatto all'interno della pubblica amministrazione, e non si rendesse necessario il lavoro, che altre volte abbiamo lamentato, dei consulenti particolarmente costosi.

Questo è quello che abbiamo cercato di fare, abbiamo cercato di fare in modo che la stessa istituzione regionale facesse da consulente e da coordinatore dei vostri progetti. Se la complessità è stata tale o è tale che poi il lavoro dei consulenti è risultato necessario e questo lavoro risulta anche costoso e qualche volta anche insopportabile per i vostri comuni, me ne scuso, ma credo che capiamo tutti che non era quella la volontà e credo che forse non è neanche quella la situazione, perché comunque stiamo cercando di fare in modo che all'interno delle pubbliche amministrazioni, all'interno di questo aiuto dell'assessorato alla Programmazione, ci siano le risorse sufficienti per individuare e presentare i progetti migliori e per poi premiarli alla fine di questo percorso.

Comunque ci lasciamo col convincimento che ci siano delle preoccupazioni forti e diffuse e che qualcosa deve essere fatto, perché non sia un fallimento, come qualcuno ha detto, e perché vada tutto a buon fine.

Sulle entrate abbiamo detto che abbiamo condiviso che sia stata una battaglia che può avere qualche risultato e sta avendo qualche risultato, anzi, dei risultati particolarmente importanti. Sul tema più specifico di oggi: capisco che la politica sia in qualche maniera 'l'arte del possibile', come qualcuno l'ha anche definita, e quindi bisogna anche accontentarsi di quello che è possibile in un certo momento, magari cercando di fare in modo che sia possibile il più possibile.

Però, all'interno di una decisione che prenderemo e che sarà quella possibile, mi piacerebbe dire quale sarebbe la mia decisione ottimale e qual è la proposta che abbiamo cercato di presentarvi, e cosa mi piacerebbe che scaturisse. In questi mesi sto cercando di dire delle cose, che sono abbastanza simili a quelle ricordate anche oggi, in particolar modo dall'onorevole Soddu. Il mondo si sta aggregando, gli Stati si aggregano. Data la complessità e l'allargamento del mondo, è impossibile rimanere ancorati ai nostri vecchi localismi, questo l'abbiamo tutti compreso e infatti stiamo cercando di fare un passo avanti, come unirci.

Ci basta unirci col Comune affianco, con due o tre comuni affianco? O forse anche per alcuni servizi abbiamo bisogno di unirci in comunità più vaste? Poi ci uniremo su quello che sarà possibile fare. Però cosa sarebbe ottimale? Questa legge regionale, con cui oggi lavoriamo, anche questa è il frutto di quello che è stato possibile, io avrei fatto diversamente, tutti noi abbiamo un'idea un pochino diversa. Intanto lavoriamo all'interno di una legge sulle autonomie locali, che dice che se un sindaco, con un altro sindaco, vogliono fare un'unione di comuni, la possono fare, e quindi, forse questo non è stato ricordato a sufficienza e quindi non si chiarisce bene questi ambiti adeguati come nascono, nascono dal fatto che il Consiglio regionale non poteva dire: 'Non fate unioni di comuni, di due o tre comuni'. Non lo poteva fare, perché è nell'autonomia dei comuni, nella legge sugli Enti locali, farla.

Poi però, subito dopo ha detto: 'State attenti, che per essere adeguati riteniamo che ci debbano essere almeno 5 o 25.000 abitanti, e se non è così, non è che non li permettiamo'. Semplicemente abbiamo detto che eventualmente non beneficiano degli interventi di cui alla presente legge. Abbiamo usato l'unico strumento che si può usare.

Quindi, degli ambiti adeguati per poter fare certe cose, poi, come devono nascere questi ambiti, queste unioni di comuni? Si poteva dire: 'Chiediamo ai comuni cosa vogliono fare e semplicemente prendiamone nota e lo facciamo'. Oppure: 'Lasciamo le cose come stanno, vediamo che succede fino ad adesso, registriamoli e questi sono gli ambiti adeguati'. No, il Consiglio regionale ha detto: 'Facciamo un piano'. Un piano quindi, che è una cosa diversa da andare a chiedere agli altri, anche ai sindaci, cosa pensano, o di farlo loro.

Ha detto: 'Facciamo un piano che tenga conto di A, B, C e D'. E al punto A ha messo le province, al punto B mi pare che abbia messo le regioni storiche, al punto C ha messo le esperienze già passate e così via. Quindi, fare un piano che tenga conto di queste cose e le ha messe anche in questo ordine e credo che abbiamo la responsabilità di portarlo avanti, per fare un piano, poiché è giusto ed è stato previsto, che non venga fatto in una stanza, ma per fare un piano occorre partire da un'ipotesi di lavoro, altrimenti facciamo delle discussioni infinite che difficilmente portano a qualcosa.

Lo ricordava adesso l'assessore Sanna, l'allegato alla recente delibera è il punto di partenza di una discussione che deve essere portata a termine adesso, nelle prossime settimane, che ha tenuto conto esattamente di quei punti che il Consiglio regionale e la legge ci propone, evidenziando, tenendo pure alcune stranezze che sono state puntualmente individuate da voi, a partire dal primo sindaco che è intervenuto e che ha chiesto conto di Genoni, che separa la Giara, e così via.

Alcune le avevamo anche viste, e le avevamo lasciate comunque per far vedere come ci sono un po' delle vie di mezzo, e delle vie di mezzo importanti sono tracciate dai confini delle province. Supramonte: c'è il confine della provincia che ci passa in mezzo, è innegabile. Il Supramonte è il Supramonte, per motivi geologici. Qualcuno ha deciso che la Provincia comunque ci deve passare in mezzo, per cui due paesi, Baunei e Urzulei, sono comunque provincia dell'Ogliastra, gli altri paesi sono nella provincia di Nuoro, quindi ci sono delle incongruenze: da una parte una marcata riconoscibilità storica, geografica, culturale. Dall'altra una provincia, che comunque è passata in mezzo a questo territorio. Ne dobbiamo tenere conto? Cosa facciamo?

Nel frattempo comunque il Consiglio continua a legiferare ed è vero, legifera magari non con le incongruenze che sono state richiamate, però qualche volta si riferisce a una provincia, qualche volta si riferisce a un ambito, qualche volta si deve riferire a qualche altra cosa. Credo che sia utile - non utile, indispensabile - che decidiamo una volta per tutte quali sono, a che cosa ci riferiamo, e i nostri punti di riferimento siano coerenti, cioè, siano esattamente sequenziali l'uno con l'altro. Non ci si può riferire per una cosa a una certa area, per un'altra cosa a un'area diversa e per un'altra cosa a un'area diversa ancora, altrimenti credo che manteniamo complessità, costi, inefficienze, e alla fine polverizziamo tutti gli sforzi che cerchiamo di fare.

Oggi, è stato ricordato, la regione è organizzata in Regione, province e comuni. Questi sono gli ordinamenti: Regione, province, comuni, e io credo che questo innanzitutto dobbiamo considerare, poi non so se le province siano poche o tante, e condivido totalmente che quel dato lì o è troppo o è troppo poco, e potrebbero essere un po' di più, non è una battuta, potrebbero essere un po' di più e coincidere con un ambito sufficientemente adeguato, o forse potrebbero essere anche un po' di meno, secondo altre considerazioni, anche perché le province di cui parliamo oggi, sono una provincia totalmente diversa dalla provincia a cui si riferivano forse gli stessi consiglieri regionali tre anni fa.

Chi poteva immaginarlo, tre anni fa, che magari si potesse immaginare una Regione senza le prefetture? Senza le sovrintendenze? Con un trasferimento di poteri talmente forte? E allora, se iniziamo a pensare a province diverse, senza Prefetture ad esempio, capiamo che le province non sono altro che degli ambiti, grossi, sufficientemente grossi, per gestire delle cose assieme. Però oggi ne abbiamo otto, e visto che ne abbiamo otto, di questo dobbiamo tenere conto, poi nei prossimi giorni ci potrà essere una discussione, altrettanto bella, appassionata, sulle province, che vale la pena di fare, ma in un altro momento.

Allora, per essere anche pratici e costruttivi su questa discussione, io credo, propongo, cerco di indirizzare la discussione verso questo risultato, che non dobbiamo pasticciare troppo, e allora, i comuni sono organizzati dentro una Regione e dentro le province innanzitutto, anche perché la provincia equivale alle Asl in qualche maniera, e dentro le Asl ci sono i distretti sanitari. Se c'è una certezza che abbiamo in questo momento sono i distretti socio-sanitari. E allora, ci può essere un comune, o una signora, o un signore, o una famiglia che pensa: 'Ah, per i distretti sanitari sono da quella parte, no, invece per ritirare i rifiuti sono dall'altra parte, invece per organizzare la biblioteca sono da un'altra parte'.

Non è possibile. E allora, noi abbiamo poche certezze. Capisco che c'è sempre complessità, ma da qualche certezza dobbiamo partire. C'è la Regione, ci sono le province. Dentro le province ci sono i distretti sanitari. Allora, a questo ci dobbiamo riferire, poi dentro le province, la Provincia può essere l'unione di comuni che gestisce tutto? Devo dire la verità, in futuro mi piacerebbe che la Provincia fosse anche l'unione di comuni che gestisce tutto, che con un passo intermedio, che è quello che facciamo oggi, in futuro si capisca che forse sarebbe bellissimo avere un grande ufficio urbanistico provinciale. Un grande ufficio, sportello delle imprese, provinciale. Un grande ufficio di politiche socio-assistenziali, provinciale. E quindi, credo che in futuro questi ambiti ottimali sicuramente cresceranno e raggiungeranno la dimensione provinciale. Nel frattempo però, dentro le province, per facilitare questo percorso si stanno individuando degli ambiti ottimali, degli ambiti adeguati, chiamateli come volete. Questi ambiti adeguati come li costruiamo? Sulla base dell'amicizia dei sindaci? Forse anche questo è importante. Tra sindaci? Anche questo certo è importante, aiuta a lavorare assieme. O sulla base di perimetri fatti in altri contesti, con altre province, con altre storie, oppure sulla base di una prospettiva futura, veniva detto.

Io credo, anche sulla base di una prospettiva futura, e soprattutto sulla base di una prospettiva futura. Allora qualcuno dice: 'Contesta il fatto che stiamo con le regioni storiche'. In realtà aver ricordato le regioni storiche qui, è stato fatto non in una prospettiva passata, ma esattamente in una prospettiva futura, perché dentro le province, poi magari ne parleremo un pochino, è stato richiamato qual è il progetto di sviluppo, qual è il progetto per la nostra Regione, non è che facciamo queste cose per motivi burocratici: lo facciamo cercando di essere al servizio di un progetto di sviluppo complessivo migliore per la nostra società.

Allora, dentro queste province ci sono ambiti adeguati, ottimali, per gestire dei servizi comuni come abbiamo detto, ma anche per progettare dei progetti di sviluppo territoriale. Non c'è solamente lo sviluppo territoriale, lo sviluppo locale cosiddetto, però anche lo sviluppo locale è una parte. E se lo sviluppo locale è una parte, forse il marchio migliore per identificare i progetti di sviluppo locale sono i marchi storici, inutile andarsene ad individuare degli altri: 'Pippo' o nomi di fantasia strani. Abbiamo dei marchi identitari bellissimi: da Barbagia, Meilogu, Montiferru, quelli che avete ricordato, Supramonte, che possono essere oggetto, o meglio, il simbolo, l'identità dei progetti di sviluppo locale che state portando avanti.

Progetti di sviluppo locale che non risolvono la Sardegna, ma sono certamente una parte della soluzione o del progetto di sviluppo della nostra regione, e quindi, in questo modo devono essere intesi, sicuramente come degli ambiti territoriali adeguati, attraverso i quali i comuni superano questa prima fase di localismi, di campanilismo, nella gestione di servizi comuni e di investimenti comuni, e anche degli ambiti che hanno un carattere storico così importante, dei nomi così belli, che possono essere oggetto di progetti di sviluppo locale. Poi questi ambiti possono anche unirsi ulteriormente per fare delle cose assieme, di maggior prospettiva. Per cui, gli ambiti della provincia di Nuoro si uniscono per presentare il nuorese, ma dentro questo nuorese ci sono comunque diversi territori che hanno una riconoscibilità, che va sfruttata oggi, che va utilizzata, che va sfruttata anche economicamente, questo è il senso.

Oggi avete riscontrato alcune incongruenze: questo Campidano troppo vasto, ci può essere il Monte Linas, perché no? Anzi, forse è opportuno, non cambia nulla. Ci sarà una provincia del Campidano che ha 3 territori, la Marmilla, il Campidano e il Monte Linas. Il comune di Santa Giusta vuole stare vicino al Sinis. Il Sinis credo che sia un nome bellissimo, una storia, una presenza talmente forte, che non va sottovalutata. E' la storia dei fenici, in quella dei fenici c'è Santa Giusta, c'è Tharros, c'è Sinis e c'è appunto Santa Giusta. E perché no? Allarghiamo questa cosa. Però non mi legherei al fatto che altri due sindaci hanno detto: 'Ma io voglio essere lì', o semplicemente 'abbiamo iniziato a lavorare assieme da un anno su un progetto integrato e quindi vogliamo stare così'. Credo che valga la pena che sia un momento talmente importante questo, che valga la pena appunto di considerare il senso di quello che stiamo facendo e il fatto che l'unione non sia semplicemente un organismo burocratico per gestire meglio alcuni servizi, ma sia anche un oggetto o uno strumento di progetti di sviluppo locale attorno a un grande marcatore di identità, una bella marca, che sono i nomi storici di questi territori.

Sulle comunità montane, unione di comuni o comunità montane, credo che abbiamo cercato di dirlo in tutte le maniere o forse non siamo stati ancora sufficientemente chiari.
Allora la mia proposta è di non farne neanche una di comunità montana. Naturalmente è una proposta perché la legge permette di fare delle comunità montane. Ma solleciterei tutti voi a non farne neanche una e tanto meno di pensare di fare comunità montane che saltino da una provincia all'altra perché allora dovete dire: 'Facciamo la comunità montana o le province in questa regione?' Cioè in che cosa una comunità montana coordina i comuni e in che cosa li coordina la Provincia. Una delle due è di troppo, è talmente evidente, almeno a me. A meno che qualcuno non mi convinca del contrario. Una delle 2 è di troppo. E l'ultima cosa che pensiamo è di fare 13 comunità montane.

Quello che caldeggerei è di non farne neanche una, per i motivi che ho cercato di dire e per quelli che posso continuare a dire. Noi stiamo facendo unioni di comuni, chiedo scusa, stiamo cercando per i motivi che ci siamo detti di immaginare un'organizzazione della Regione, Provincia, comuni e dentro questa Regione, Provincia mettere assieme i comuni. Dobbiamo mettere assieme i comuni montani? Lasciatemi portare avanti un ragionamento. Dobbiamo mettere assieme i comuni montani, o quelli collinari o gli altri? Mettere assieme i comuni montani perché hanno difficoltà? E' stato ricordato bene oggi. Ci sono comuni montani che stanno molto meglio di altri comuni della Sardegna. Le difficoltà non sono legate all'altitudine del proprio territorio, sono altri. E credo che di tutti i comuni della Sardegna ci dobbiamo preoccupare.

Ma non possiamo organizzare la Regione in virtù delle strade, abbiamo deciso di organizzarla in virtù delle province. Abbiamo deciso non io, ma qualcuno prima di me, di organizzarla in Regione, province e comuni e in queste province che ci sono date oggi. Dentro queste province ci sono comuni e comuni che hanno necessità, al di là dell'altitudine e nella necessità delle strade ci sono sicuramente i comuni montani ma ce ne sono anche altri e certamente è interesse di tutti, e se abbiamo le risorse, faremo le strade che vanno fatte. Ma dobbiamo farlo perché ce lo dice la legge nazionale? Parliamo sempre di autonomie in questa regione, quando ci va bene, quando non ci va bene. Possiamo fare meglio della legge nazionale peraltro all'interno di uno Stato che ogni tanto dice che vuole eliminare le comunità montane, insomma dove anche loro fanno dei discorsi, all'interno di una legge dello stato che appunto aveva costituito la comunità montana della riviera di Gallura.

Ora se lo Stato ha fatto quella legge, io, insieme a tanti in Sardegna, non mi riconosco più in quella legge e quindi credo che quella legge noi la possiamo abbondantemente superare.

E allora la proposta che vi stiamo facendo tiene il meglio di tutte e due le condizioni, tiene tutti i vantaggi della legge nazionale sulla montagna perchè tutti i fondi nazionali della montagna verranno trasferiti a tutti i comuni che sono dichiarati tali sulla base della legge nazionale.
Quindi partecipino all'unione di comuni A, o partecipino all'unione di comuni B o partecipano alla comunità montana C prenderanno gli stessi soldi dalla legge nazionale. Prenderanno gli stessi soldi dalla legge nazionale, avranno le stesse agevolazioni sull'Ici e sui fondi rurali come qualcuno ha ricordato, non cambierà assolutamente nulla per i singoli comuni.

Quindi, come qualcuno ha ricordato, vale la pena, visto che non cambia nulla, essere in una comunità montana o vale la pena prendere le nostre decisioni autonomamente e sulla base di quello che riteniamo più giusto e più adeguato per noi? E nel più giusto e più adeguato per noi c'è la volontà di questa regione di dire 'province, dentro le province ci sono unioni di comuni'. Queste unioni di comuni sono tutte altrettanto importanti, hanno tutti altrettante dignità nel momento in cui fate queste unioni di comuni visto che vi servirà per gestire dei servizi comuni per gestire degli investimenti comuni, per gestire anche dei progetti di sviluppo locale.

Converrà avere come marca comunità montana 17° o Marmilla? Io credo che sia più bello Marmilla di comunità Montana 17°. Converrà avere come riferimento una marca forte piena di storia e di cultura? Questo è il senso di questo progetto che vi abbiamo presentato. Questo progetto è ancora oggi un progetto, però era un punto di partenza, credo importante, per discutere nel merito e non per fare la somma delle richieste delle amministrazioni locali che pure sono legittime e importantissime. Poi forse sono persino troppe.

Montiferru trova che gli interessa essere nello stesso ambito della Planargia. Magari decidiamo Planaria-Montiferru, perché no? Potrebbe essere. Questa è una proposta. Se qualcuno dice rinunciamoci, perdiamo per strada qualche marchio importante però abbiamo dei territori un pochino più solidi e questo si potrà fare e nei prossimi giorni lo discuteremo. Trovo molto giusto che immediatamente l'assessorato, la Regione, la Provincia riverifichi tutto quello che sta dentro la provincia e arriviamo ad una soluzione che verrà presentata alla commissione e che la commissione valuterà.

Per terminare quindi: c'è una regione, c'è una provincia, ci sono dentro dei comuni ma da questi confini non possiamo derogare e credo non sia utile derogare. Non c'è più ragione storica in questa regione, scusate prendetela semplicemente come la mia opinione, rispettabile come la vostra. Non credo che ci siano più ragioni storiche per avere comunità montane. Potrebbero essere quindi zero, soprattutto laddove queste comunità montane addirittura scavalcano province e quindi non si capisce su che cosa ci ordiniamo e in più perché in ogni caso hanno fatto tanto. Sono servite, però oggi forse continua a cambiare questo mondo e anche le province sono una cosa diversa per i motivi che abbiamo detto tra prefetture, soprintendenze, altri uffici dello Stato e allora forse quel modo di mettere assieme i comuni non è più attuale.

E quindi pensiamoci a questo. Un'ultima cosa, un'ultimissima cosa. Qual è il modello di sviluppo di questa regione? Il modello di sviluppo di questa regione credo che debba essere necessariamente il modello di una regione che si sente una, che sente innanzitutto che la pubblica amministrazione è una, e per questo credo che siano veramente importanti queste riunioni. E non sono riunioni dove si devono ratificare decisioni già prese, dove ognuno fa la sua parte e ognuno cerca di indirizzare secondo quello che pensa. Ma veramente deve essere una perché altrimenti è sempre più complesso, sempre più costoso, sempre più inadeguato poter costruire dei progetti di sviluppo, dare servizi.

E' stata ricordata opportunamente la Sardegna che sembrerebbe, se non cambiamo qualcosa, potrebbe essere tra non troppi anni, tra quaranta anni, e credo che la prima cosa, la prima responsabilità sia proprio avere una visione anche su quegli elementi temporali: cioè una Sardegna che perde 400mila abitanti su 1 milione e 680 questo è quello di cui stiamo parlando. E quindi occorre decidere. Non siamo condannati, però forse potremmo avere una politica dell'immigrazione un po' più fantasiosa, più favorevole e assolutamente la dobbiamo fare. Forse ogni volta che decidiamo sulle case, sui servizi, sugli asili, dobbiamo fare in modo di dire qualcosa alle giovani coppie. Forse dobbiamo fare in modo che in ogni nostra politica questa cosa sia considerata, così come in ogni nostra politica devono essere considerate non le zone montane, ma tutte le zone interne e devono essere considerate in maniera vitale. Con quali progetti di sviluppo? Io non credo che la Sardegna possa vivere di solo turismo.

Non credo che possa vivere solamente di turismo locale o dell'economia della Pasquetta, in un felice slogan credo del presidente della provincia di Nuoro. Non può vivere solo di turismo, non può vivere solo dell'economia della Pasquetta, non può vivere solamente di lavoro pubblico. Dobbiamo farcela a immaginare, a creare una società ordinata, dove ci sia l'agricoltura, quella ancora possibile, quella possibile nella nostra regione e deve essere possibile. Guardate che il mondo alla fine secondo me girerà anche in maniera strana. Ricordo negli anni '70 si diceva, non bisogna più fare automobili perché le automobili non serviranno più. E qualcuno ci ha creduto in Italia e stava veramente distruggendo l'industria automobilistica. Seppur si faranno automobili in Europa, nel mondo, le faranno in Africa, è un prodotto maturo.

Andate a chiederlo alla BMW, alla Mercedes, alla Peugeot, alla Renault. Ogni tanto ci sono delle fissazioni nel mondo. Adesso tutti dicono: 'Ma sicuramente non serve più produrre grano, non serve più produrre niente, dobbiamo mangiare solamente quello che producono in America latina. Non serve più neanche fare un maglione, non serve più neanche fare un mobile, non serve più neanche il manifatturiero'. Niente, tutto in Cina. E in Europa che cosa facciamo? Solamente il turismo? I servizi? Io non ci credo. Io credo che noi dobbiamo difendere l'industria in Italia, in Europa. Dobbiamo difendere le industrie anche se non calzano a pennello con l'idea della burocrazia europea, della commissione alla concorrenza. Anche se magari dobbiamo difendere il costo energetico per difendere alluminio, per difendere zinco, per difendere Pvc.

E allo stesso modo, credo appunto che dobbiamo difendere agricoltura, che dobbiamo difendere manifatturiero. Che dobbiamo difendere la possibilità di stare in Europa, e stare in Sardegna continuando a fare tutti questi mestieri, e sono certo che sarà così. Una cosa serve: serve gestire l'emergenza, ma serve avere un'idea di futuro. E il futuro passa dalla popolazione, e passa, scusatemi, lo ripeto per la millesima volta, dal sapere che c'è nella testa della gente, dal livello di conoscenza, dal livello di istruzione, passa da quello. Se noi siamo pochi e ignoranti potremmo anche essere felici contenti, prendiamo una bellissima abbronzatura, ma saremo poveri.

Noi possiamo costruire una pubblica amministrazione migliore, ma alla fine in questa Sardegna, uno: ci deve essere gente e se stiamo nascendo in pochi dobbiamo immaginare una politica dell'immigrazione, una politica della nascita. Due: ci potrà essere industria, ci potrà essere manifatturiero, ci potrà essere turismo, ci potrà essere un turismo che viene per i beni culturali, che viene per la storia, per la musica. Ci potrà essere, ma abbiamo bisogno di usare tutta la nostra intelligenza, se ne usiamo solo un pezzettino sarà la fine. E allora attorno a turismo, agricoltura, industria, quella che abbiamo, attività manifatturiera migliore di quella di oggi, dove ci stiamo adagiando a comprare anche le finestre da fuori, e non è necessario comprarle in Veneto le finestre, compriamo anche i pavimenti dei nostri centri storici in Trentino Alto Adige e non è strettamente necessario.

Quindi, se mi date ancora due secondi ho terminato, dobbiamo immaginare una Sardegna che faccia tutte queste cose ma per difendere questa società e questa economia, abbiamo bisogno di usare tutta la nostra intelligenza, e dobbiamo coltivarla, dobbiamo riempirla maggiormente di sapere, più di quanto abbiamo fatto fino ad adesso. E il dato demografico è altrettanto drammatico, ma non è più drammatico del dato sul livello di istruzione che c'è in Italia e in Sardegna rispetto agli altri paesi europei e gli altri paesi che stanno crescendo velocemente.

A cosa ci serve questa conoscenza? Per difendere l'agricoltura appunto che non si potrà difendere semplicemente col sapere di mio nonno, per difendere l'artigianato appunto che non si potrà difendere col sapere del falegname che abitava vicino a casa mia, per difendere l'industria che abbiamo e per immaginarne della nuova, che sarà l'industria legata alla tecnologia, legata alla conoscenza. E questa conoscenza serve anche, se vogliamo, a valorizzare la storia e la cultura e a fare industria, economia legata ai beni culturali, legata all'arte, legata alla creatività, che sono aspetti importanti dell'economia di oggi, attorno al quale lavora un sacco di gente e un sacco di gente può lavorare in Sardegna attorno a queste cose.

Quindi c'è un progetto per la nostra regione. La nostra regione però ha bisogno innanzitutto di una pubblica amministrazione forte che l'aiuti, che non le sia di ostacolo, che la sostenga, che la guidi e stiamo cercando di fare una pubblica amministrazione. Ha bisogno di risorse e assieme forse ce le stiamo procurando. Ha bisogno di un progetto che forse non è chiarissimo, forse sembra anche complesso, ma in realtà mi pare che siamo consistenti con le cose che abbiamo iniziato a dire fin dall'inizio. E attorno a questo progetto veramente vorrei mantenere viva tutta la vostra attenzione e vorrei veramente riuscire a contribuire, a portarla avanti insieme a voi. Questa non è l'ultima riunione, se non vi disturbiamo troppo, noi vi chiamiamo anche spesso e ci vediamo.
Grazie".