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Conclusioni al convegno di Progetto Sardegna "Spazi di identità"

Abbasanta, sabato 9 dicembre 2006, Tanca Regia
"Fra qualche giorno, fra qualche settimana è Natale, è fine anno e siamo da due anni e mezzo che noi siamo al governo della Regione e che mi avete questa responsabilità; che è stata costituita la Giunta, che il centrosinistra è al governo della Regione.
Quindi questo fine anno, per noi, e anche per me in particolare, sarà anche un fine anno di qualche bilancio: com'è andata questa prima parte, cosa è stato fatto, cosa siamo riusciti a fare e cosa ancora non abbiamo fatto e cosa ancora ci manca da fare.
In questi giorni stiamo lavorando e io sto lavorando alla scrittura del bilancio di metà mandato, speriamo di terminarlo nei prossimi giorni, di mandarlo in stampa e quindi assolutamente prima di Natale. Consegneremo a voi, a tutti quanti, alle famiglie sarde, un bilancio vero e proprio di quello che abbiamo fatto in questi due anni e mezzo, in cui ripercorriamo le cose che ci siamo detti in campagna elettorale, il programma che abbiamo presentato agli elettori con Sardegna Insieme, e vediamo che cosa siamo riusciti ad attuare di questo programma, e qualche riflessione su quello che è stato fatto, e sulle cose che ancora ci mancano da fare.

Sono stati due anni e mezzo abbastanza veloci, credo, densi di polemiche, densi di aspettative, di discussioni. Sicuramente sono stati impattanti nella politica e nell'opinione pubblica nei diversi aspetti della società sarda. E non è detto che tutto quello che è stato fatto, e come è stato fatto, sia stato sufficientemente comunicato e compreso anche da noi stessi e quindi questa discussione sarà sicuramente d'aiuto.

Io credo che abbiamo seguito quelli che erano gli obblighi del programma di governo che abbiamo presentato. Abbiamo cercato di incidere sulla moralizzazione della politica, nel rinunciare a quella occupazione del potere di ogni angolo della pubblica amministrazione che veniva in qualche modo dai partiti prima. Abbiamo cercato di mettere tutto l'impegno possibile nel mettere le persone migliori nei posti giusti.

Nel separare la decisione delle responsabilità del governo diffuso dell'amministrazione regionale dall'appartenenza ai partiti. Poi è risultato anche che in alcuni ruoli ci siano persone che appartengano ai partiti - perché appartenere a un partito, a un movimento, non è necessariamente un minus, anzi denota anche un'attenzione, una volontà di responsabilità pubblica. Però l'appartenenza ai partiti non è stata la modalità con cui si sono assegnate le responsabilità.

E in più è stato fatto un altro passo avanti: ci sono almeno 1000 posti che non sono stati dati, semplicemente perché sono stati cancellati, per cui per i posti necessari abbiamo fatto tutti gli sforzi per separare l'appartenenza politica dalla responsabilità. I posti non necessari semplicemente sono stati cancellati e il centrosinistra nel suo complesso ha dimostrato un grande senso di responsabilità nell'accettare questo alleggerimento dell'occupazione partitica, questo alleggerimento della macchina amministrativa.

E' stata riformata l'amministrazione della Regione: gli enti agricoli, gli enti del turismo, gli enti dell'artigianato, le comunità montane, che proprio nei prossimi giorni faranno l'ultimo passo di un percorso che è iniziato già da 12 mesi, e farà sì che da 26 comunità montane, dovremmo fermarci a 3 o 4.

Ma anche diversi altri enti, gli Istituti autonomi di case popolari, tutto quanto è stato ridimensionato in una maniera importantissima che desta attenzione anche fuori dalla Sardegna. L'amministrazione regionale oggi è assolutamente l'aspetto più importante di ogni politica di cambiamento. Ci può essere una buona politica, ci può essere un buon programma, ma se l'amministrazione regionale non funziona, quella buona politica si infrange in un muro di gomma, semplicemente non accade niente.

Stiamo facendo un lavoro, forse sommerso, forse poco compreso, ma di cambiamento, di ammodernamento della macchina amministrativa regionale.

Per 50 anni non è mai stato fatto un concorso per dirigenti alla Regione, è stato fatto per la prima volta e semplicemente tutti i dirigenti venivano promossi con selezione interna senza che la Regione mai si aprisse. E' stato fatto per la prima volta nella storia dell'autonomia, un concorso che va a cercare anche esperienza e professionalità dall'esterno.
E' stato fatto un concorso per 100 nuovi funzionari, che potessero coprire capacità che attualmente non ci sono nella Regione: non c'era nemmeno un ingegnere dei trasporti, non c'è un ingegnere delle reti di telecomunicazioni, non c'è un ingegnere di informatica, non c'è un avvocato per la concorrenza, non c'è un avvocato specialista di diritto comunitario. Mancano soprattutto le competenze delle materie che oggi sono diventate le più attuali e si stanno concludendo i bandi di gara, le prime assunzioni sono state fatte, stanno entrando nell'amministrazione regionale 100 competenze nuove, oltre finalmente ai dirigenti.

Ci abbiamo impiegato un po' di tempo, perché poi la macchina amministrativa è un po' lunga, perché i bandi di gara ci impiegano un po' tanto.

Sono stati fatti gli esodi incentivati, il blocco del turn-over, per fare in modo che la Regione abbia dirigenti bravi, funzionari bravi e che non sia piena semplicemente delle categorie A e B, cioè delle categorie più basse.

Mancano gli ingegneri, non mancano gli uscieri, abbiamo troppi uscieri e pochi ingegneri.

Un fatto ha dell'incredibile: l'Ente foreste ha attualmente 7000 dipendenti che avevano un solo dirigente, neanche un dirigente territoriale. Come può essere gestito un ente, come possiamo sperare che possano lavorare bene 7000 dipendenti lasciati a se stessi.

Stiamo lavorando sul personale e sulla organizzazione, sulla semplificazione degli enti, e dando gli strumenti necessari. I famosi strumenti dell'informatica, delle reti, che oggi ormai anche le più piccole aziende hanno. Il più piccolo ufficio di commercialista non potrebbe funzionare senza gli strumenti che la modernità ha messo in campo, e questi strumenti erano totalmente al di fuori dall'amministrazione regionale, qualche volta al massimo c'era un computer per fare le stesse cose che si facevano prima. Con l'automobile noi non facciamo le stesse cose che facevamo prima che ci fosse l'automobile.

Si parla della capacità di spesa, della velocità della spesa: la velocità della spesa, la capacità della spesa e soprattutto la qualità della spesa, dipendono tutte dalla qualità dell'amministrazione regionale e la qualità della spesa e la velocità della spesa, sono importanti se non addirittura più importanti della quantità delle risorse.

Perché è inutile avere un milione di euro a disposizione se poi si spendono male, e se un milione di euro poi è in mano di chi riesce a fare cose che un altro avrebbe fatto con 200mila euro, con 300mila euro.

E allora noi parliamo sempre della quantità delle risorse e mai della capacità di utilizzare bene quelle risorse e su questo il sistema della pubblica amministrazione è assolutamente indietro. E su questo, credo, abbiamo fatto parecchio e ne vedremo gli effetti ancora nei prossimi due anni e mezzo.

Avevamo parlato di identità: abbiamo fatto una cosa semplice, per 50 anni si è parlato di lingua sarda e in questi due anni e mezzo abbiamo fatto una delibera in sardo, e comunque è stato approvato un documento, è stata avviata una sperimentazione e la pubblica amministrazione della Sardegna ha parlato in sardo per la prima volta, prima non l'aveva mai fatto. Semplicemente aveva parlato della necessità di tutelare la lingua sarda. E' una piccola cosa, però dà un segno.

Dei beni culturali della Sardegna se n'è parlato tantissime volte, se n'è parlato a lungo, credo, in circa cento cooperative che sono lì a custodire, in qualche caso a valorizzare i luoghi più importanti della nostra cultura, per parlare dei più vicini, Santa Cristina, Bosa eccetera. L'ho già detto altre volte, l'assessorato della Pubblica istruzione e della Cultura, aveva quattro persone forse che si occupano di scuola e forse tre o quattro persone che si occupano di beni culturali, tant'è che non avevamo nemmeno gli indirizzi di queste 100 cooperative che poi finanziamo, ma non sapevamo nemmeno che cosa stessero custodendo e non avevamo nemmeno una brochure o un volantino del patrimonio culturale che queste 100 cooperative custodiscono.

E quando siamo andati a cercare se ci fosse almeno una scheda che informava su ognuno di questi luoghi della cultura di cui noi ci vantiamo tanto, semplicemente non esisteva nell'assessorato. Oggi esiste un sito che si chiama SardegnaCultura che è una delle cose importanti che sono state fatte in Italia e in questo argomento, che siamo andati a presentare a Bruxelles e che ha avuto apprezzamenti incoraggianti e per il quale il Ministero ci chiede anche un aiuto alle altre regioni, dove è stato fatto chiarezza di qual è il patrimonio culturale della Sardegna. Di ogni luogo della cultura c'è una scheda informativa, laddove sono state pubblicate delle guide ci sono le guide a disposizione di tutti quanti, c'è la bibliografia a disposizione di tutti quanti, e ci sono oltre 500 volumi che rappresentano la storia e la cultura della Sardegna, dai grandi volumi dell'archeologia, di Lilliu, tutti i volumi sulla storia dell'arte, tutti i volumi sulla pittura, tutti i volumi sul patrimonio culturale della Sardegna; sono stati acquisiti, non per lasciarli nascosti in qualche magazzino, in qualche biblioteca, ma sono stati acquisiti e sono a disposizione di chiunque, in Sardegna e fuori dalla Sardegna, li voglia scaricare, consultare, stampare: sono diventati finalmente un patrimonio pubblico.

Tutto il patrimonio culturale della Sardegna, oggi è un patrimonio pubblico a disposizione di tutti quanti. Così come a disposizione di tutti quanti, probabilmente non lo sapete, è tutta la letteratura della Sardegna, almeno la parte più importante di essa, tutti i libri degli autori del passato, ma degli autori contemporanei, da Giulio Angioni, a Sergio Atzeni, Todde, fino a gli ultimi contemporanei che erano in libreria l'anno scorso, sono ancora attualmente in libreria, possono essere anche letti, stampati, da internet. Quindi veramente tutta la cultura della Sardegna è stata sistematizzata ed è a disposizione. Credo sia stato fatto un lavoro importante, mettendo a disposizione quel patrimonio che prima non era sufficientemente forse divulgato, accessibile. Tutta la musica della Sardegna, i filmati, il grande repertorio iconografico, le fotografie, sono circa 50.000 oggetti digitali, che sono il nostro patrimonio storico-culturale, a disposizione di tutti i sardi.

Ed è in corso, ormai da qualche mese, un lavoro importante, per standardizzare la qualità dei servizi in tutti i luoghi della cultura della Sardegna. I musei, ne sono stati fatti fin troppi, forse però non c'era un sistema. E' stata fatta una delibera importante sul sistema regionale dei musei: sono stati individuati quelli più importanti, sui quali investire, quelli che ancora ci mancano. Per esempio, stranamente, non c'è un museo della cultura giudicale. Non c'è un museo della storia della grande industrializzazione della Sardegna, delle bonifiche, delle dighe, delle elettrificazioni, che pure è un'epopea interessante. E forse non abbiamo raccontato, lo abbiamo delegato allo Stato di raccontare la grandezza della cultura nuragica, tant'è che questa cultura è esposta al museo archeologico nazionale di Cagliari e al museo Sanna di Sassari soprattutto. E comunque dei nuraghi se ne sente parlare poco in Sardegna, anzi, noi siamo quasi stufi di dirlo, e se ne sente parlare niente fuori dalla Sardegna, che pure è un fatto importantissimo. Avevamo detto che avremmo voluto valorizzare questa cultura e credo che in due anni e mezzo dei passi avanti importanti son stati fatti. C'è, appunto, tutta questa opera di divulgazione che è stata fatta e c'è la volontà di un grande museo, che sarà a Cagliari, ma che è un museo per tutta la Sardegna, serve per dare visibilità agli ottomila nuraghi della Sardegna e ai tanti luoghi e scavi archeologici che sono in giro per la Sardegna e che sono poco frequentati perché poco comunicati e mai valorizzati a pieno.

Abbiamo cercato di lavorare per quegli altri aspetti della cultura diffusa, dei saperi materiali, dell'agricoltura, dell'artigianato. Per l'agricoltura credo che stiamo facendo dei passi importanti, nella riorganizzazione: nove enti, due agenzie, più una nuova agenzia per velocizzare i pagamenti all'agricoltura. Stiamo facendo un lavoro importante nel razionalizzare l'offerta dell'agricoltura. Si stanno chiudendo tutte le filiere, per fare in modo che arrivi in campagna il totale del valore, del valore finito che va nel banco dei supermercati. E stiamo cercando, attraverso le filiere, quest'opera di valorizzazione dei mari, di protezione della nostra produzione, di dare maggior valore alle attività della campagna. E io, e credo in tanti, abbiamo molta speranza per quello che si sta facendo. E arrivata la richiesta per il marchio Dop dello zafferano, quello degli agnelli, quello dell'olio d'oliva, quello dei carciofi, insomma, si stanno chiudendo tutte le filiere, esattamente come avevamo promesso di fare.

Sull'artigianato siamo un po' in ritardo, dobbiamo fare di più sull'artigianato artistico, e siamo in difficoltà, per dire la verità, nel far partire l'agenzia che se ne deve occupare, che si chiama: 'Sardegna promozione'. Abbiamo fatto un bando, per selezionare il direttore generale, e semplicemente non l'abbiamo trovato. In Sardegna c'è anche un problema di classe dirigente. Non ci sono, molto spesso, le persone, quando le vai a cercare. E siamo in difficoltà perché stiamo cercando una persona che sia capace veramente di promuovere agricoltura, artigianato e turismo della Sardegna.

Avevamo parlato di ambiente. Credo che le cose le abbiamo fatte, col Piano paesaggistico regionale. Si è dibattuto, si è discusso, si è litigato, però anche da recenti sondaggi di opinione emerge che la stragrande maggioranza dei sardi sono felici di questo, così come del piano paesaggistico regionale ormai se ne parla nelle altre regioni italiane, ed è un esempio che molti stanno perseguendo. Questa settimana se ne sta discutendo in Liguria, e stanno facendo una legge simile in Liguria, dopo che ne hanno discusso e stanno orientandosi in tal senso in Toscana e in altre regioni italiane.

Abbiamo parlato di conoscenza, di scuola. Noi dicevamo che eravamo per la scuola pubblica, invece che per la formazione professionale privata, e tantomeno la formazione professionale a tredici anni, a quattordici anni, che separava i ragazzini quasi alla nascita, tra buoni e cattivi. Era una cosa che ha fatto litigare la Sardegna, è una cosa che ha destato fortissimi contrasti, io lo capisco. Lo capisco perché per molti enti e per molte persone, è un mondo totalmente nuovo, a cui si devono abituare, e perché magari a qualcuno, personalmente, può aver creato dei disagi, con questa legge 42, fantomatica, di cui si parla in Sardegna. In realtà quello che abbiamo fatto noi lo sta facendo adesso il governo nazionale, con la legge finanziaria, e quindi forse eravamo nel giusto. Lo sta facendo l'Italia, per tutta l'Italia: dire che fino a 16 anni i ragazzini devono stare a scuola, e tra i sedici e i diciotto anni hanno l'obbligo di arricchire la loro formazione, eventualmente anche con cultura materiale. Ma abbiamo anticipato un passo avanti, o quantomeno corretto un passo indietro che era stato fatto: dire che già a 14 anni i ragazzi dovevano lasciar la scuola e andare semplicemente a fare gli idraulici, senza una cultura adeguata.
Vorremmo fare di più per la scuola, per l'Università, per la ricerca. Vorremmo fare di più e abbiamo, credo, iniziato a fare di più, poi non tutto è nella disponibilità dell'amministrazione regionale. L'Università è nella disponibilità dei rettori e dei senati accademici, quindi, anche l'Università deve fare la sua parte per avere un'Università migliore, un'Università che non si accontenti di moltiplicare i corsi di laurea, laddove non ci si raccapezzano più nemmeno loro nel numero dei corsi di laurea. La Regione può dare dei soldi all'Università, ma poi non possiamo entrare nei senati accademici, e anche l'Università deve essere una parte più viva del processo di cambiamento della Sardegna, e non solo un luogo di polemiche.

Vabbè insomma, io credo che non abbiamo fatto tutto, e sicuramente non abbiamo fatto tutto bene, e sicuramente ci rimane molto da fare, ma mi pare che abbiamo fatto tantissimo e non a caso, esattamente nelle cose che ci stavamo dicendo.
Abbiamo parlato di solidarietà, di sanità. In due anni e mezzo comunque è stata fatta la nuova legge sulla organizzazione del sistema sanitario regionale, e nelle prossime settimane, dopo 25 anni, viene approvato il piano sanitario regionale, e dopo 25 anni, si torna a parlare di ospedali in Sardegna. Non ci accontentiamo più di essere ancora in un ospedale, in un ex ospedale militare a Is Mirrionis, a Cagliari, o dell'inadeguatezza di un altro ospedale che è stato fatto dove una volta c'era un albergo, o di un sistema ospedaliero del cagliaritano, per esempio, diffuso in troppe strutture che danno servizi inadeguati e con delle cifre, con dei costi esorbitanti.

Si parla di nuovi ospedali a Cagliari, si parla di nuovi ospedali a Sassari, si parla di ultimazione dell'ospedale di Olbia, si parla di un nuovo ospedale ad Alghero. Si parla di un rafforzamento, non di un arretramento, di un rafforzamento del sistema sanitario in tutta la Sardegna, e nel frattempo però si mette equilibrio ai costi perché altrimenti ci costringe il Governo a mettere equilibrio ai costi, e costringe il governo a mettere anche i ticket sulla salute, i ticket sulle visite e i ticket sui farmaci. Noi pensiamo che mettere i ticket sui farmaci sia far pagare gli sprechi della sanità a chi non ha colpe, allora ci mettiamo i ticket noi, e cerchiamo in tutte le maniere di resistere alla necessità di mettere i ticket, che poi paga la povera gente, o le persone che invece possono continuare ad avere una sanità gratuita, o per la quale pagano in maniera diversa che sui ticket. Abbiamo molti spazi di efficienza nella gestione della sanità, anziché scaricare la nostra inefficienza inutilmente sui ticket.

Però, il lavoro che è stato fatto, sulla distribuzione diretta dei farmaci, sul controllo dei farmaci, sul controllo dei medici, l'efficienza che è stata fatta col blocco del turn-over, sugli investimenti, ci sta permettendo di pareggiare il bilancio della sanità abbastanza rapidamente e di, possibilmente, non mettere i ticket in Sardegna, che non vogliamo mettere, perché è il modo per far pagare l'inefficienza a chi invece non ha motivo di dover pagare.

Se ne parla poco, però, per esempio sulla casa: per la prima volta, dopo decenni credo, c'è il senso di una politica sulla casa. Son stati riformati gli Iacp, dal primo gennaio è finalmente operativo il nuovo Ente regionale per l'edilizia abitativa, si è tornato a investire in case. Si è investito sulla riqualificazione del quartiere di Sant'Elia, quasi un simbolo, così, del degrado abitativo. Si sta costruendo a Sassari, si sta definendo, in ogni capoluogo di provincia almeno, la volontà di reinvestire nell'edilizia abitativa, per aiutare le persone, per calmierare il mercato della casa, eccetera.

Nel frattempo, non era mai successo in questo modo, abbiamo investito cifre importanti nel contributo agli affitti a canone moderato, e nel contributo alle famiglie, ai comuni, che poi distribuiscono alle famiglie che non riescono a pagare l'affitto. Abbiamo investito talmente tanto che poi abbiamo avuto una premialità nazionale, che ci ha permesso anche di raddoppiare questo investimento. Sulla casa abbiamo fatto anche un'altra cosa interessante: nei piccoli comuni, e lo rifacciamo quest'anno, il 2007 - è andato benissimo per il 2006 - invitiamo i piccoli comuni a comprare case vuote del centro storico per ristrutturarle, assieme all'ente per l'edilizia abitativa, e darle poi a canone moderato, così come avveniva per gli Iacp. Cioè, politiche simili a quelle portate avanti nel passato dallo Iacp, però mantenendo le persone nei centri storici, anziché andando a consumare territorio, costruendo palazzoni fuori dal paese. Facendo due cose: dando risposte alla gente, e contribuendo a migliorare il centro storico. Perché migliorare i centri storici non vuol dire semplicemente fare le strade e metterci i lampioncini, ma significa aggiustar le case e mantenere la gente nei centri storici.

Le politiche hanno bisogno di risorse per essere finanziate, e credo che abbiamo dedicato questi due anni a reperire le risorse, a riequilibrare il bilancio della Regione, che abbiamo trovato. Mi vergogno quasi a dirlo perché tutti i politici dicono: 'Abbiamo trovato il bilancio in maniera scassata'. Però è nei numeri, basta vedere il bilancio del 2004: un miliardo e trecento milioni di euro di deficit, cioè oltre il 20% del bilancio, un deficit superiore al 20% del totale del bilancio. Il governo nazionale si impensierisce e viene punito da Bruxelles, quando questo deficit supera il 3%. Noi ce l'avevamo al 22%, cioè, se fossimo nelle regole europee saremmo stati fatti fuori sette volte prima. Insomma, è un disastro, tant'è che il primo anno abbiamo dimezzato il deficit e il secondo anno l'abbiamo ulteriormente diminuito del 75%, E iniziando a dire però, che non solo bisogna spendere di meno e meglio, ma bisogna anche incassare di più e farsi dare i soldi dallo Stato. E ora faremo un bilancio, nel 2007, ricco di risorse, perché quella battaglia che abbiamo fatto con lo Stato è andata bene.

Ora, faremo un bilancio ricco di risorse, di cui io, devo dire la verità, ho quasi paura. Ho paura di spenderli male quei soldi, per quello che dicevamo prima.
Bisognerebbe crescere gradualmente, le risorse e la capacità della pubblica amministrazione di spenderli bene, di spenderli davvero e di spenderli bene questi soldi.

Quindi, le battaglie di cui avevamo parlato, di diritti e responsabilità, e cioè, la capacità di tutelare tutti i nostri diritti: il diritto alle entrate, il diritto alle servitù militari, il diritto alla tutela del patrimonio culturale, articolato insieme alla responsabilità. Il diritto alle entrate e la responsabilità di gestire bene i soldi. Il diritto al nostro territorio, al vederlo liberato dalle servitù militari e dalle attività militari soprattutto, che fanno cadere sulla Sardegna il 70% delle bombe che si sparano in Italia. Ma la responsabilità di dare poi risposte diverse a quel territorio, di risistemarlo, di restituirlo alla vita civile, di fare in modo che quel territorio, fino ad adesso sottratto alla vita civile, possa essere occasione di sviluppo e di superamento di quel ritardo di sviluppo che in alcuni territori della Sardegna c'è, molto più particolare, come a Teulada, come a La Maddalena, dove, in questo posto meraviglioso ci sono 180 persone che lavorano con l'esercito, civili, ma 2.500 disoccupati. E allora, certo, abbiamo il problema di 180 persone che non lavoreranno più con l'esercito, ma 2.500 disoccupati. E' una statistica pressoché identica a Teulada, dove ci sono 38 persone che lavorano alla base, come civili, però ci sono quasi 2.000 disoccupati, in un paese piccolo.

E allora, questi temi diciamo, di dignità regionale: delle entrate, delle servitù militari, credo che le stiamo portando avanti con coraggio e qualche successo.
Per finire: si poteva sicuramente fare di più e fare meglio, però io credo che ci abbiamo messo lealtà, onestà intellettuale, dedizione, e credo che abbiamo fatto molto, e non, appunto, andando a leggere semplicemente i bigliettini dei pappagalli sulle cose da fare; facendo semplicemente le cose che ci eravamo proposti di fare. E allora, nei prossimi giorni quindi, stamperemo questo bilancio di metà mandato, che vorremmo distribuire, vorremmo che leggeste, e poi magari ci sarà l'occasione per incontrarci e discutere delle cose.

Un'ultimissima cosa prima di andare a pranzo: tra due anni e mezzo ci saranno le elezioni in Sardegna, e sarebbe bene che si proseguisse con questa volontà, con questa lena e credo con questo programma, che sicuramente andrà portato avanti. Noi pensiamo, speriamo, che fra due anni e mezzo si vada, intanto, alle elezioni con un sistema elettorale e politico chiarito, cioè, il Consiglio regionale chiarirà, confermerà, che vuole l'elezione diretta del presidente della Regione. Quali sono i poteri del presidente, i poteri della Giunta, quali sono i rapporti tra presidente e Consiglio regionale. Tutte cose che hanno generato un sacco di discussioni, anche perché è cambiato il sistema elettorale senza che le leggi della nostra Regione si siano adeguate, senza che il nostro Consiglio regionale abbia preso le sue decisioni. Nel prossimo mese lo farà e quindi andremo a votare in un sistema più chiaro.

Io spero che andremo a votare, sono certo che andremo a votare anche con un sistema dei partiti migliorato, più aperto e più chiaro. Io spero che andremo a votare col partito democratico, dove i riformisti, il centro-sinistra, in tanti, potremo riconoscerci, in tanti che non hanno mai partecipato alla vita dei partiti, in tanti che ci hanno partecipato e poi ne sono rimasti delusi. In un partito che sia più funzionale alle sfide della modernità, che sia più funzionale ai temi di oggi e che non mantenga delle divisioni che non esistono più. E partiti più aperti, più capaci di intercettare la volontà di partecipazione della società che dentro i partiti non c'è mai stata.

Ma i partiti sono importanti, sono talmente importanti che li vogliamo migliori, che li vogliamo più forti, più aperti, più luogo di discussione piuttosto che di occupazione del potere, e io spero veramente che andremo a votare col partito democratico, e spero che noi di Progetto Sardegna possiamo essere un elemento importante di questo nuovo progetto di partito democratico, ed essere lì a garantire, insieme a tanti altri, la volontà di partecipazione e la possibilità di partecipazione di chi fino ad adesso non ha partecipato nei partiti storici.

Quindi, è importante che non ci perdiamo di vista, come voi avete detto. E' importante anzitutto che questa nostra partecipazione sia ancora più forte nei prossimi mesi, perché possiamo essere d'aiuto alla garanzia che il partito democratico nasca in Sardegna e nasca bene, che sia veramente un partito di tutti i cittadini, e non di poche èlite del passato".