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Convegno della Margherita sulla scuola e incontro col ministro Fioroni

Cagliari, venerdì 15 dicembre 2006, Hotel Mediterraneo
"Buonasera a tutti. Ringrazio molto gli amici della Margherita per aver organizzato questo convegno, per averci dato l'opportunità di avere qui in Sardegna il ministro Fioroni. E ringrazio molto il ministro Fioroni per aver accettato questo invito, per essere qui con noi a parlare di scuola, a parlare di scuola in Sardegna, e per l'opportunità, che mi ha già confermato nella conversazione che abbiamo potuto avere prima di questo convegno, per lavorare con impegno, insieme anche alla nostra Regione, per avere un rapporto più costruttivo, per fare molte delle cose di cui voi oggi avete ricordato la necessità. Per fare in modo che in Sardegna ci sia una cifra adeguata di investimenti nell'edilizia scolastica, per fare in modo che pur lavorando attorno all'unione dei comuni, ogni comunità possa avere una quantità sufficiente di quelle necessità che avete ricordato: come palestre, come edifici scolastici e attrezzature sportive di diverso tipo. Lo ringrazio perché ha confermato la volontà di lavorare assieme, per migliorare la qualità della scuola in Sardegna, la qualità della formazione professionale, con dei progetti magari, che ricorderà lui, e anche per averci confermato che magari eravamo nella strada giusta due anni fa, quando abbiamo detto che forse nella scuola professionale si poteva andare dopo i 16 anni e non prima. Perché come è stato opportunamente ricordato, la scuola non può essere l'ospedale di chi è già sano per poi abbandonare gli altri fuori dalla scuola in posti che, se gli istituti scolastici sono brutti, questi raramente possono immaginarsi nemmeno, non dico migliori, ma nemmeno confrontabili con gli edifici scolastici. Quindi lo ringrazio per questo.

Detto questo, io approfitto di questa occasione, innanzitutto per scusarmi con tutti voi, perché, lo dicevo prima all'amico Antonio Biancu, questo mondo non lo conosco bene e non conosco nemmeno i visi. Cioè, se incontro l'industria, se incontro altre cose, riconosco le persone, con voi ci conosciamo poco. Detto questo, il 2007 è un anno importante per la nostra regione, per me personalmente, per la Giunta regionale, per il Consiglio regionale, che discuterà e approverà, sono certo, una legge importante, dopo averne fatte di altrettanto importanti: approverà la legge importante dell'istruzione, della scuola, della formazione, dell'educazione.

La Giunta regionale si impegnerà in maniera importantissima, in maniera, direi, determinante. Io penso che sarà il punto più importante forse, della nostra azione di governo quest'anno: la scuola. Quest'anno e per i prossimi tre anni scolastici. Sono passati poco più di due anni, quasi due anni e mezzo, ma abbiamo davanti tre anni scolastici: uno già iniziato, sul quale possiamo avviare delle cose importanti sulla scuola, importantissime, e le possiamo avviare poiché le politiche hanno bisogno della giusta analisi dei problemi, dell'individuazione delle possibili soluzioni, ma hanno bisogno anche delle risorse economiche, e le possiamo fare perché abbiamo fatto un'attività importante di taglio dei costi, di contenimento degli sprechi, di confronto anche con lo Stato per il riconoscimento delle giuste risorse. E devo dire che abbiamo delle risorse e credo che il modo più importante per spendere le risorse sia quello di spenderle nella scuola.

E quindi lo faremo, perché sarebbe quanto di più egoista ci può essere per una società, spendere poco o non spendere a sufficienza nella scuola. E se lo riportiamo in una famiglia comprendiamo subito quanto sia, non solo dannoso, ma colpevole per una famiglia, non investire nell'istruzione dei propri figli; quanto sia non solo dannoso, sbagliato, ma colpevolissimo per una famiglia, cambiare la macchina, cambiare i vestiti, cambiare l'arredamento, cambiare qualsiasi cosa e non investire sull'istruzione dei propri figli.

E allora, non essendo uno specialista come voi, mentre parlavate mi veniva da riflettere su altre cose. Noi, sarà che sto diventando vecchio, l'anno prossimo compio 50 anni, sto iniziando a fare alcune riflessioni, però voglio dire, anche con i nuovi standard di vita sicuramente è un'età di piena maturità, dove uno si porta dietro, lascia da parte insomma, la giovinezza diciamo. E' un'età di piena maturità, e riflettevo: la mia generazione comunque ha vissuto un momento in cui il compito principale delle famiglie, la volontà più forte delle famiglie, era quella di far fare un salto, un avanzamento sociale ai propri figli mandandoli a scuola. E per la scuola dei propri figli rinunciavano a qualsiasi cosa: io l'ho visto a casa mia, l'ho visto a casa degli altri e oggi noi non lo facciamo più. Oggi forse se lo sono dimenticato le famiglie, oggi forse se l'è dimenticato la società. E allora, mia sorella l'hanno mandata a Roma, è l'unica e la prima che hanno mandato a scuola in continente nel mio paese: quindi hanno mandato anche le donne, non solo i maschi, nei primi anni '60. Scusate, volevo provare a dire ancora qualcosa.

Poi la scuola. Che cosa è la scuola? E' l'edificio scolastico? E' la palestra? E' il riscaldamento? Forse anche, ma la scuola sono gli alunni, sono gli insegnanti e a un certo punto, quando si chiude la porta, ci sono gli alunni dentro e un solo insegnante, c'è tutto il mondo lì dentro, c'è tutto, e cosa accade lì dentro dipende dagli alunni e dall'insegnante.
La scuola sono: gli alunni e il modo in cui gli alunni arrivano a scuola. Che vuol dire: che cosa gli è stato detto dai loro genitori, con che educazione familiare arrivano a scuola. Quindi la scuola nasce a casa e poi sono gli alunni che ci arrivano, e poi sono gli insegnanti che stanno dentro: gli insegnanti, i presidi, i direttori, i dirigenti e poi la comunità che se ne fa carico, una comunità che se ne fa carico - questa è tutta la scuola.

Allora, in tutta questa scuola ci siamo tutti noi, e ancor prima delle cose che potrà fare il ministro ci vuole una montagna di cose che possiamo fare noi per avere una scuola migliore. E io francamente credo molto di più nelle cose che possiamo e che dobbiamo fare noi e che abbiamo la responsabilità di fare noi. Non credo che avremo una scuola migliore se avremo dieci, venti o trenta milioni di euro in più. Saranno importanti sicuramente, ma ne potremo avere anche 100 milioni in più, ma se non inizieremo una scuola migliore a casa, nelle famiglie, se non inizieremo una scuola migliore con i nostri giovani, se non avremo una scuola migliore con insegnanti che ricordano il valore fondamentale e sentano, come sono certo sentono, l'importanza di quello che fanno, che gli stiamo affidando i nostri giovani, stiamo affidando, l'avete detto voi, il futuro dei nostri paesi, della nostra società. Se non ci sarà quello, non ci saranno decine o centinaia di milioni che potranno fare una scuola diversa.

Autonomie. L'ha ricordato bene l'assessore di Quartu: autonomie che si confrontano. L'autonomia di qua, di Selargius. Autonomie che si confrontano: autonomia scolastica e autonomia locale, ci metto anche l'autonomia regionale. Ma autonomia vuol dire fare da soli? Non credo. Autonomia vuol dire poter fare quello che si vuole? Forse. Credo che autonomia sia soprattutto responsabilità, e allora l'autonomia scolastica ha la responsabilità innanzitutto di quella scuola, e l'autonomia dell'ente locale ha la responsabilità dell'ente locale, e l'autonomia regionale è innanzitutto l'assunzione di responsabilità da parte della Regione. E allora, se noi viviamo tre autonomie come tre assunzioni di responsabilità e ce ne facciamo carico, noi avremo una scuola migliore.

Da questo dobbiamo partire, da assunzioni di responsabilità, e lo dicevo, lo pensavo tra me e me, innanzitutto come genitore, come famiglia, come autonomia regionale sicuramente, e a ognuno di voi per la responsabilità che ha, per una scuola migliore. Poi, una scuola per fare cosa? Perché anche qui c'è un po' di confusione. Una scuola per preparare macchine da lavoro? Una scuola per preparare persone professionalizzate subito, perché possano andare a lavorare? Anche. Però c'è anche di più che il solo lavorare nella vita. C'è anche: educare dei figli, sposarsi, crescere, avere una responsabilità sociale, essere uomini. E allora, forse anche una scuola che aiuti a crescere, aiuti le famiglie a crescere e a fare uomini, ancora prima che geometri, ragionieri e ingegneri.
Per finire, incontriamoci più spesso che ho voglia di parlare con voi".