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Intervista a La Repubblica: "Accorperò le province sarde: servono tagli, non libri bianchi"

La Repubblica, venerdì 8 giugno 2007
"Macché libri bianchi, ci vogliono leggi, leggi nero su bianco". Renato Soru, il governatore capitalista della Sardegna che si beccò l'epiteto di "comunista" per aver introdotto la "tassa sul lusso - ville, yacht e jet privati - torna a dar scandalo all'insegna del motto di suo nonno "chi non miete spigola", cioè raccoglie per terra ciò che resta delle spighe, e ha deciso di usare la falce (non il martello) per tagliare i costi della politica, gettando nello sconforto le migliaia di persone che nell'isola di politica vivono. "Non c'è più tempo per libri bianchi, come quello annunciato da Prodi, bisogna fare in fretta - dice - se no la politica muore, proprio nel momento in cui il paese ne ha più bisogno".

Lei da dove comincia, governatore Soru?

"Ho già cominciato, abolendo con legge regionale 24 comunità montane, comprese naturalmente quelle al livello del mare che tanto scandalo giustamente hanno suscitato. Sono cancellati per sempre 300 tra presidenti e assessori e 500 consiglieri, totale 800 persone e relativi emolumenti, con un risparmio stimabile prudenzialmente in 10 milioni. Senza considerare le società collegate".

Un po' poco, le comunità montane con i loro "deputatini", politici di ultima fila, sono l'anellino più debole. Quelli forti?

"Abbiamo sciolto decine di enti e messe in liquidazione decine di società regionali. Abbiamo eliminato 9 enti in agricoltura, con i rispettivi consigli d'amministrazione, 4 enti provinciali per l'edilizia abitativa, abbiamo cancellato l'Esit e 4 enti provinciali per il turismo, più 8 aziende di cura e soggiorno. Abbiamo sciolto l'Isola, l'ente per l'artigianato, e l'Esaf, quello per le risorse idriche e, al suo posto, istituito una società per azioni che accentra le funzioni di 60 enti e soggetti pubblici. Abbiamo commissariato l'Azienda regionale dei Trasporti".

Sempre bazzecole, se permette, rispetto ai templi del potere della politica regionale.

"Le pare una bazzecola aver soppresso altri 1000 posti tra consigli d'amministrazione di enti, giunte e consigli di società, con un risparmio di decine di milioni di euro? Ma il bello deve venire".

Allora ci racconti il bello, governatore.

"È pronta la legge per cancellare, con i relativi costi, 16 Consorzi industriali, gonfi di decine e decine di società, di presidenti, vicepresidenti, consiglieri d'amministrazione, consulenti, autoblù, foresterie e quant'altro".

Ecco, governatore, forse ci avviciniamo. Ma ci dicono che per far passare questa legge dovrà anche passare sul cadavere, naturalmente in senso metaforico, di molti presidenti ben sponsorizzati dai partiti, ad esempio del potentissimo e inamovibile avvocato Sandro Usai, presidente del Casic di Cagliari.

"Guardi, tutte le decisioni importanti generano conflitto e magari anche perdita momentanea di consenso, ma ci vuole rapidità, decisione e coraggio, se si vuole poi recuperare la dignità della politica presso i cittadini, che non ne possono più di privilegi, storture e sprechi. Prodi stesso ha detto che i governi responsabili devono mettere in conto anche momentanee perdite di consenso, per cui confido che vogliano fare anche loro e fare in fretta, al di là dei libri bianchi".

Scusi, governatore, lei ci parla di comunità montane, società pubbliche, consorzi industriali. Ma il raddoppio delle province sarde da quattro a otto per una popolazione complessiva di un milione e mezzo di abitanti, quanto una città, non è un vero scandalo?

"È vero, sono province improbabili, se si pensa che quella di Lanusei ha meno di 60mila abitanti. Ma è uno scandalo che non abbiamo creato noi, l'abbiamo trovato bello e fatto. È già pronta una legge per intervenire radicalmente".

Come? Avrete la forza di abolire le quattro nuove province, con presidenti, vicepresidenti, assessori, dirigenti, impiegati?

"Obbligheremo le più piccole a unirsi per la gestione in forma associata dei servizi, come la manutenzione delle strade e delle scuole, e soprattutto i consiglieri provinciali dovranno essere eletti tra i sindaci del territorio in carica, con un'elezione di secondo grado, in modo da evitare la moltiplicazione del ceto politico. In più, al governo chiediamo il trasferimento alla Regione delle funzioni prefettizie".

Mica vorrà abolire i prefetti?

"Non spetta a me, io proporrò che gli vengano lasciate le funzioni di ordine pubblico e di lotta alla criminalità organizzata. Riduciamo invece il numero dei consiglieri comunali e sopprimiamo le circoscrizioni comunali".

E dentro casa, in Regione, governatore, né falce né scopa?

"Guardi che le autoblù, che tanto fanno irritare i cittadini, sono già state ridotte in Regione da 39 a 14. Sono state cancellate le missioni di giunta, i pranzi, le cene, le feste, i regali di Natale. L'appalto per le pulizie degli uffici è sceso da 8 a 3 milioni. La villa di rappresentanza della presidenza, costo inutile ed emblema del vecchio e arrogante potere, è in corso di trasformazione in scuola materna per i figli dei dipendenti regionali. Il parco viene aperto e restituito alla città".

Belle cose, ma il Moloch burocratico regionale su cui lei è seduto?

"La legge di riorganizzazione regionale prevede la riduzione degli assessori da 12 a 8, la riduzione del 30 per cento dei dirigenti, la riduzione del 30 per cento delle consulenze. Ridefinisce poi i costi dei consiglieri regionali, facendo chiarezza nella poco trasparente selva delle indennità. Niente più viaggi all'estero o rimborsi spese per chi abita a trenta chilometri di distanza".

Lei farà felici, forse, Montezemolo, il giovane Colaninno, il professor Monti e il professor Giavazzi, ma sa che, se non la impallinano prima i partiti, così si gioca la rielezione?

"Il costo della politica è un costo monetario e anche un costo in termini di disistima, non meno grave, per tutta la politica. Se non si interviene subito con rigore non riavvicineremo più i cittadini, con tutti gli evidenti rischi per la democrazia. O si fa così, qui e subito, o la politica in questo paese muore".

E i voti?

"Chi governa deve saper rischiare l'impopolarità, con la certezza che di fronte ai fatti e non alle parole i cittadini capiranno".

a cura di Alberto Statera