Regione Autonoma della Sardegna [SITO ARCHIVIO]
Vai alla nuova versione
Vai al contenuto della pagina

Logo Regione Sardegna


70° anniversario della morte di Antonio Gramsci.

Oristano, lunedì 30 aprile 2007, Teatro Garau
"Signor Presidente della Repubblica, il mio compito è solamente quello di aggiungere un saluto ai tanti che lei ha già ricevuto. Un saluto altrettanto caloroso di quelli che ha ricevuto a Ghilarza, e altrettanto caloroso e felice di accoglierla di quelli che ha ricevuto a Oristano.

La Sardegna tutta è felice di accoglierla e di averla qui tra noi, a onorare, oggi, il ricordo di Gramsci, e sarà altrettanto felice di accoglierla, prossimamente, quando vorrà, per poter parlare più diffusamente della nostra regione. Della nostra regione e della sua ricerca di autonomia, della nostra regione che si appresta a riscrivere lo Statuto, che è parte dalla Costituzione di cui Ella è il massimo garante.

Si è parlato già a lungo, oggi, di Gramsci. Forse vale la pena di ricordare che in questi giorni stiamo parlando diffusamente, in Sardegna, di Gramsci, perché da diversi anni ormai, a fine aprile, celebriamo quella che chiamiamo "Sa die de sa Sardigna", il giorno della Sardegna. Si ricorda un moto popolare di ribellione, che avvenne a Cagliari, di cacciata dei piemontesi. Di una popolazione stufa di troppa oppressione, di dominio, di troppi bisogni, che sentendo il bisogno di maggior autonomia, di maggior giustizia, di maggior affrancamento dai bisogni e dalla povertà, per un istante, per qualche giorno, imbarcarono i sovrani piemontesi e si ribellarono.

Da diversi anni in Sardegna, grazie una legge regionale, si celebra, si ricorda quel moto spontaneo di ribellione. Ricordando l'importanza della ribellione, del ribellarsi ancora oggi, o di essere antagonisti ancora oggi, come lei ha ricordato stamattina a Ghilarza, di essere antagonista rispetto ai bisogni non ancora soddisfatti, rispetto all'ingiustizia, alla necessità di giustizia non ancora soddisfatta, rispetto ai ritardi di sviluppo in cui questa regione ancora si dibatte.

E nel ricordare "Sa die de sa Sardigna" noi quest'anno, in maniera forse un po' originale rispetto al passato, l'abbiamo fatto dedicando "Sa die de sa Sardigna" ad Antonio Gramsci, ma non per ricordare Gramsci, ma soprattutto per richiamare Gramsci al lavoro, oggi. Per richiamare Gramsci affinché ripeta lui, direttamente, le parole che oggi sono state richiamate nella lapide, a Ghilarza, e che sono scritte nei manifesti che popolano i muri delle nostre città e che rimarranno, spero, nei muri delle nostre scuole per tutto l'anno.

Abbiamo richiamato in servizio Gramsci, per dire ai nostri giovani: 'Istruitevi, perché abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza e tutta la vostra intelligenza', abbiamo scritto noi, forse per un errore, quindi c'è bisogno dell'edizione nazionale.
Istruitevi. Istruitevi per quale motivo? Perché alla fine, se la Sardegna acchiapperà, finalmente, una stagione di maggiore autonomia, di maggiore autonomia non solamente discussa o predicata, ma di maggiore autonomia vissuta, sarà unicamente grazie a una maggior diffusione dell'istruzione, della cultura, della conoscenza a tutti i livelli.
Se la Sardegna acchiapperà una stagione di maggior giustizia sociale, potrà avvenire, non perché qualcuno gliela concederà graziosamente e la difenderà graziosamente, ma perché i sardi la sapranno acchiappare e la sapranno acchiappare in maniera diffusa, in maniera solidale, grazie a un maggior livello di cultura, di maggior diffusione della cultura, dell'istruzione, della conoscenza a tutti i livelli.

La Sardegna è un posto bellissimo dove vivere, avrà visto un bel paesaggio, oggi la campagna è tutta verde. C'è anche una società mite, una società che più di altre riconosce il valore della solidarietà, della convivenza civile. Ma diventa bellissimo vivere, solamente se tutti quelli che lo cercano hanno finalmente un lavoro, e attraverso il lavoro possono bastare a se stessi e alla famiglia, e possono vivere appieno il piacere della cittadinanza. E non ci sarà lavoro, crediamo, se non ci sarà un maggior livello di istruzione, un maggior livello di conoscenza, che sia capace, non solamente di offrire lavoro, ma anche di organizzarlo, di crearlo il lavoro.

Se non ci sarà un maggior livello di istruzione: umanistica, tecnica, scientifica, che sia capace di mantenere l'industria che abbiamo e di crearne della nuova e capace quindi di dare un lavoro a tutti quanti.
Si richiamava l'irrequietezza. C'è irrequietezza anche nel nostro continuo parlare di identità sarda, di identità di sardi. Un po' di confusione tra un'identità che vediamo sparire, totalmente travolta, così, da una cultura omologante, e una reazione totalmente di segno opposto, di un'identità che guarda al passato, che guarda solamente alle radici che non vediamo, sotto terra. E c'è bisogno di maggior istruzione, di maggior cultura, di maggior modernità, per costruirla la nuova identità 'dalla' Sardegna e la nuova identità 'della' Sardegna, che io credo che tutti speriamo, è quella che anche Antonio Gramsci ha saputo costruire per sé, un'identità di chi ha guardato al mondo senza spaventarsi, un mondo, lui diceva ancora, 'terribile'.

E oggi il mondo non è meno vasto, anzi è più vasto e non è meno complesso e meno terribile, e l'unico modo però per guardarlo, per lui e per noi, ancora di più oggi, è attrezzando maggiormente la nostra intelligenza, di cultura, di istruzione, di curiosità, di conoscenza appunto.
Io la finirei qui, ricordando che c'è, per ognuno di noi, c'è un momento in cui raccogliamo e un momento in cui seminiamo, e spesso siamo più chiamati a raccogliere, o meglio, spesso siamo più portati a raccogliere che a seminare, e molto spesso la politica è più portata a concentrarsi nel voler raccogliere, che nel voler seminare. Poiché è più visibile una piazza che si fa, di 3000 ragazzi che riguadagnano la scuola. E' più visibile una strada, o un monumento, di ragazzi che comprendono meglio un testo scritto o un problema logico-matematico; di una percentuale maggiore di ragazzi che completano la fine degli studi.

Però se non sapremo seminare questo maggior livello di istruzione, se non sapremo seminare in tutti noi, che siamo classe dirigente, ma nelle famiglie, nella scuola, la consapevolezza della totale necessità, nel mondo contemporaneo, di un maggior livello di istruzione, di un livello di istruzione totalmente diverso da quello che abbiamo, bene, noi forse non avremo compiuto il nostro dovere di politici, oggi. Grazie".