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I 60 anni della Fiera della Sardegna

Cagliari, giovedì 24 aprile 2008, Fiera campionaria
"Esprimo volentieri un pensiero in quest'occasione anche in base alle cose che ho sentito stamattina, in qualche modo sorprendenti. Festeggiamo sessant'anni di tante cose quest'anno: della Fiera, della Costituzione, dello Statuto Sardo, sessant'anni dal giorno in cui l'Italia, in modi diversi e dietro appartenenze diverse ha ripreso un cammino. E anche questi sessant'anni della Fiera sono stati un cammino importante, come non avevo capito fino a oggi: un cammino intrapreso da persone come Emilio Lussu, come Segni, come Laconi e tutta la parte più importante della nostra storia politica e intellettuale del precedente secolo. E quel cammino era stato intrapreso non per aiutare a vendere qualche macchina agricola o un pezzo d'artigianato in più, ma per dare in maniera chiara il nostro contributo alla ripresa e alla crescita della nazione. Si davano un compito importante, non un compito banale: compiti che qualche volta noi dimentichiamo.

Sono 60 anni ed è un momento anche particolare, almeno per chi ha responsabilità politiche. Sono passate un paio di settimane dalle recenti elezioni nazionali e, tra un anno, ci saranno le regionali. Abbiamo avuto un cambiamento epocale: per la prima volta nel parlamento italiano non sono più presenti i partiti della sinistra che qualcuno definisce radicale, ma che io preferisco definire storica. All'improvviso la politica italiana si è semplificata, da un numero enorme di formazioni politiche a un numero molto più ridotto. Le elezioni hanno segnato un cambiamento importante nella cultura, nelle aspettative di questo Paese.

Una parte importante del nostro Parlamento viene esclusa e si sono imposte nuove rappresentanze più legate a rivendicazioni territoriali, e comunque un'idea territoriale dell'Italia. Un Parlamento e un Governo che certamente porteranno avanti in maniera sostenuta progetti di federalismo fiscale: progetti che già esistono in maniera circostanziata, come quello già approvato in Lombardia, che denota un'idea di Italia piuttosto diversa da quella che abbiamo conosciuto fino a oggi. Da una parte c'è un nuovo Governo al quale faccio i miei migliori auguri di buon lavoro nell'interesse di tutti i cittadini italiani, un Parlamento diverso e probabilmente un'idea diversa; e dall'altra ci prepariamo alle prossime elezioni regionali, portando anche qui probabilmente delle idee diverse all'interno di un confronto politico impegnativo e dal quale i cittadini sardi certamente si aspetteranno molto. Vorrei dire che in qualche modo è un momento fondativo del Paese e anche della Regione per i prossimi decenni. E' un momento importante per la storia politica, economica e sociale del nostro Paese e certamente della nostra regione.

Siamo nella casa delle imprese, la Camera di Commercio, la Fiera, il luogo in cui si rappresenta: le imprese che vivono anche loro un momento di spaesamento, di maggior paura, di maggiori dubbi rispetto al futuro. Certamente è un mondo totalmente cambiato, un mondo di economia globalizzata, che va a due velocità; un mondo che fino a qualche anno fa non si presentava sul mercato e che oggi sorprendentemente si presenta in maniera massiccia sul mercato, con processi importanti e crescenti; un mondo nuovo che va avanti con un tasso di crescita superiore al 10%; e un mondo a cui abbiamo appartenuto delle economie occidentali, dove per la prima volta, negli Stati Uniti usano la parola ‘recessione' dopo diversi decenni; un mondo a cui apparteniamo in recessione, in declino – il governatore Draghi ha usato questa parola per l'Italia –, un mondo in recessione e in declino e un mondo che cresce al 10% o più: che cresce nella capacità di produrre, nelle esportazioni ma cresce anche nell'avanzamento tecnologico, nella ricerca, nella conoscenza, e quindi creando anche i presupposti per ulteriori conquiste e avanzamenti nel futuro.

In questo scenario c'è la nostra regione, la nostra debole regione, in un'Italia debole e in un'economia europea e occidentale debole in questo momento. In questa situazione abbiamo il dovere di trovare la nostra strada: una strada che certamente viaggia su un percorso che non è solo nostro, ma è dell'Italia e non solo italiano, ma che ugualmente può e deve avere una forza e una responsabilità e una capacità diversa in Sardegna. E allora alle imprese, sarde, alla società sarda vorrei ricordare che pure in questa situazione, che è di difficoltà oggettiva internazionale, in Sardegna in questo momento abbiamo un bilancio della Regione sufficientemente ordinato e ricco di disponibilità finanziarie. Affrontiamo i prossimi anni, mentre proprio in queste settimane parte la spesa delle risorse straordinarie dell'ultima programmazione europea delle politiche di coesione, per il periodo 2007-2013, e parte anche, per la prima volta, assieme alla programmazione delle risorse nazionali per le aree sottoutilizzate, così si chiama oggi il Mezzogiorno d'Italia. E tra risorse europee e risorse nazionali mette assieme poco più di 10 miliardi di euro, che dovremo spendere tra oggi e il 2013.

Una quantità ingente, enorme di risorse, non paragonabili con nulla di quanto sia accaduto fino a oggi. Anche se dobbiamo comprendere che certamente sarà l'ultima programmazione di un quadro comunitario di sostegno: l'Unione europea ha già detto questo. E dobbiamo anche comprendere che probabilmente non accadrà mai più in Italia che ci sia un nord che continua a finanziare in maniera importante il ritardo d sviluppo del sud, così come è accaduto fino a oggi. Quindi la Sardegna in questo momento è davanti a un periodo importante, e probabilmente anche l'ultimo così ricco di risorse per finanziare il suo ritardo di sviluppo.

La Pubblica amministrazione ha la responsabilità di spendere bene 10 miliardi di euro e fare in modo che questi servano effettivamente per risolvere i nostri disagi, le nostre necessità e i presupposti che ancora mancano alla capacità della società e dell'impresa sarda di potersi esprimere nel migliore dei modi, e di bastare a se stessa e di avviare anche lei dei processi di crescita importanti. Abbiamo le risorse del bilancio ordinario, abbiamo le risorse straordinarie in maniera così copiosa. E abbiamo certamente un sistema sociale ordinato, mite, senza una delinquenza così presente e opprimente come in altre regioni italiane; abbiamo un sistema delle imprese che vuole crescere, che vuole lavorare. E su questo si deve calare meglio l'attività della Pubblica amministrazione per cercare di sostenerla. E' stato ricordato che in 100 giorni si aprì la Fiera di Cagliari, si costruirono 8mila metri quadri, si trasferì un grande hangar, che credo fosse da qualche parte in continente e ancora oggi è lì e forse è il padiglione più grande qui nel piazzale.

In 100 giorni quei sardi, e quegli italiani, facevano cose di questo genere, così come la città di Cagliari in pochi anni è uscita dai bombardamenti e si è avviata verso lo sviluppo e la ricostruzione in maniera sorprendente: è la Cagliari che conosciamo oggi. E' evidente che la Pubblica amministrazione della Sardegna oggi non è più in grado di fare queste cose; è evidente che la complessità istituzionale e anche forse la nostra debolezza personale, di ciascuno di noi, non ci rende più capaci di fare queste cose. A volte ci sembra di fare un passo avanti e subito dopo ne facciamo tre indietro. E mentre predichiamo ai convegni e tracciamo scenari luminosi, in realtà a volte abbiamo difficoltà persino a spostare un portapenne dalla nostra scrivania: altro che a costruire ottomila metri quadri in cento giorni! La Pubblica amministrazione di questa Regione cerca di liberare tutte le energie positive dell'impresa: oggi ho sentito parlare di 'un'impresa in un giorno'.

Spero che nei prossimi giorni riusciremo a spiegare meglio un'attività che ormai è stata avviata da una decina di giorni, a seguito di una legge, di norme previste nell'ultima finanziaria regionale, per cui in Sardegna si può aprire un'impresa in un giorno, magari anche stando a casa, con un processo totalmente on line, attraverso il Suap regionale; e, non solo, in Sardegna si può aprire un cantiere in 20 giorni. Cioè abbiamo fatto un passo importante di fiducia, che in Italia e in nessun'altra regione italiana è stato ancora fatto, per cui diciamo all'impresa: 'Presentate i vostri progetti, anche di costruzioni, attraverso lo Sportello unico delle attività produttive, e dopo 20 giorni, autocertificando che il vostro progetto sta dentro le regole urbanistiche e paesaggistiche, potete avviare i lavori'. E la Pubblica amministrazione passa da una che si rivolge ai sudditi ai quali si degna di concedere e autorizzare a una Pubblica amministrazione che si rivolge a cittadini che responsabilizza e che andrà a controllare. Da una Pubblica amministrazione che autorizza e che concede a una Pubblica amministrazione di diritti dei cittadini, che controlla e che eventualmente sanziona. Noi speriamo e ci auguriamo molto che questo grosso cambiamento possa dare una spinta importante alla capacità di iniziativa e alla capacità di impresa privata.

Capiamo che ci sono delle ferite importanti anche in questa città. In questi giorni si è riparlato di Tuvixeddu mettendola assieme a discorsi su progetti importanti che stanno facendo l'amministrazione comunale insieme a quella regionale per Sant'Elia, Betile, e per il campus universitario. Pur essendo discorsi che non hanno da stare assieme in alcun modo. Tuvixeddu è una ferita e lo capisco, e spero che presto, nelle prossime settimane, finalmente ci sia un tribunale in Italia che ricomponga quella ferita con una decisione che varrà per tutti: ma che non deve essere letta come un'ostilità al mondo delle imprese. Deve essere letta semplicemente come la responsabilità di una pubblica amministrazione che ritiene che sia un bene pubblico e lo vuole tutelare per sempre, per i prossimi decenni e per tutti i cittadini; facendo uno sforzo affinché le imprese si esercitino in altri luoghi, e ci sono degli altri luoghi importanti, anche a Cagliari, dove le imprese si possono esercitare, e sono stati recentemente restituiti dal demanio militare e non militare: come l'intero viale Colombo, come aree importantissime nella città, che possono essere oggetto appunto dei progetti di riqualificazione e di nuova costruzione, di nuovo sviluppo dentro la città. Sarà la palestra delle imprese, è il luogo dell'iniziativa delle imprese, però coerenti a un disegno della politica, che non può abdicare a un suo ruolo e a una sua responsabilità nell'interesse di tutti.

Voglio terminare ancora su questo, lo dico apertamente: è possibile che oggi si decida dopo un passo avanti di tornare a fare tre passi indietro? Io credo che non sia l'esempio della Fiera dei primi anni, io credo che non sia l'esempio della Cagliari della ricostruzione, io credo che non sia l'esempio delle necessità del Paese di oggi, che ha bisogno di trovare i modi per andare avanti e non quelli per tornare indietro. E mi è piaciuto molto sentire anche a me la Brigata Sassari, non foss'altro perché attorno alla Brigata Sassari i sardi si sono riconosciuti per la prima volta; è stato il luogo dove forse abbiamo avuto per la prima volta consapevolezza di popolo e abbiamo fatto, seppur drammaticamente, qualcosa assieme. E' da quel nome, da quelle persone, che è nata l'autonomia regionale e non solo, persino la Fiera, oggi abbiamo imparato. Io spero che il popolo sardo in tutte le sue espressioni, nell'impresa, nella società, nella scuola, nella famiglia, nelle istituzioni, ritrovino fortemente il senso di un progetto comune, il senso di un progetto di un popolo, il senso di un progetto di tutti".