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La conferenza internazionale dell'emigrazione

Cagliari, domenica 27 aprile 2008, auditorium del Conservatorio "Pierluigi da Palestrina"
"Buongiorno a tutti ancora una volta. Nel programma c'è scritto che dovrei fare le conclusioni, in realtà non mi sogno neanche di fare le conclusioni, di pretendere di voler concludere in qualche modo, di voler concludere la vostra ampia discussione, anzi, la nostra ampia discussione di questi due giorni, di queste due giornate e mezzo di lavoro. Magari forse mi accontento di darvi la mia impressione, che può essere utile, e di dare anche un mio contributo a queste due giornate e mezzo.

Il mio contributo lo vorrei far partire così: in effetti è estremamente difficile appunto, parlare di quello che vogliamo, che sia immigrazione, che sia migrazione, perché in effetti è una cosa che appartiene a tutti. Giulio Angioni l'ha mostrato in maniera plastica qualche secondo fa, appartiene a tutti, tocca in maniera diversa le corde profonde, il cuore di ciascuno di noi. Tocca storie, tocca famiglie, tocca vite, tocca un sacco di cose e a ognuno di noi ci tocca diversamente, ognuno di noi lo vive in maniera diversa, ognuno di noi lo interpreta in maniera diversa, quindi effettivamente si tratta di un termine difficilissimo da semplificare. Giulio Angioni lo ha indicato, ricordando insomma, la variegata fattispecie nella sua famiglia.

Anch'io lo ricorderei così, ricordando il cugino di mio padre, che è disperso negli Stati Uniti. Credo che litigò con suo nonno, partì e dopo un po' fece volutamente mancare le sue tracce. Hanno cercato diverse volte di recuperarlo, lui certamente sarà morto ormai, non ne abbiamo più saputo nulla. I miei zii: uno è sepolto a Vibo Valentia, in Calabria, e i miei cugini ormai sono diventati calabresi. Altri miei cugini hanno vissuto a lungo in Puglia, dove ha vissuto Alberto. Hanno vissuto in Puglia, adesso vivono in Spagna. Gianluca fa l'architetto in Spagna, è contento, sta bene. Un altro mio cugino vive in Inghilterra, un altro vive in Olanda, una mia cugina vive a Milano. Io ci ho vissuto per 15 anni a Milano, ci sono nati due figli, in qualche modo sono stato parte anch'io della migrazione volontaria, voluta, anche se le prime volte che partivo, devo dire la verità, piangevo sempre, eppure avevo 19 anni, forse perché avevo lasciato la mia ragazza a casa.

Mi ero sforzato, in ogni caso, di voler scegliere di partire per studiare e dopo 15 anni sono rientrato definitivamente, e alla fine da emigrato sono tornato e ho fatto anche il Presidente della Regione, non mi è andata male. Quindi, riassumere tutte queste cose credo che sia abbastanza difficile.

Le mie impressioni su queste giornate: beh, innanzitutto un secondo solo per ringraziare Romina Congera, l'assessorato, tutti voi che siete venuti, che avete occupato il vostro tempo decidendo di accogliere questo invito e di tornare a casa vostra, di tornare in Sardegna e di partecipare a questa discussione. Romina Congera, il personale dell'assessorato, le persone che hanno partecipato oggi al dibattito, le persone, i professori dell'Università che l'hanno riassunto e che l'hanno anche riassunto molto bene, hanno dato testimonianza della vivacità e della ricchezza del dibattito, che è anche nelle commissioni intervenute.

La prima impressione che io ho avuto l'altro giorno, partecipando, ascoltandovi, è stata, devo dirlo, anche di sorpresa, per la ricchezza e la vivacità, la modernità delle relazioni. A qualcuno che me l'ha chiesto, di prima battuta, ho subito detto: beh, insomma, alla fine noto che non avete chiesto niente per voi, avete chiesto molto per gli altri. Ci avete detto di fare tesoro della vostra esperienza, affinché la prendessimo in considerazione nel momento in cui noi dobbiamo occuparci di altri tipi di immigrazione in Sardegna. Mi è sembrato che la emigrazione sarda, voi, che rappresentate l'esperienza di emigrazione dalla Sardegna, sia più moderna, più ricca, più vivace, più avanti, rispetto a quello che noi immaginiamo, immaginavamo o pensiamo qui in Sardegna, almeno io, e faccio autocritica per questo.

A volte pensiamo che occuparsi di emigrazione in Sardegna debba essere ancora occuparsi di mandare qualche contributo ai circoli che ancora esistono, polverosi, bar appunto, o luoghi solamente di nostalgia, di una storia che non esiste più e che ormai si è fermata. Voi avete testimoniato che quella storia non esiste più, così come è nata, ma si è trasformata, evoluta. È diventata diversa, ma è una storia ancora viva, è una storia ancora piena di significati e che voi volete mantenere in vita. È la storia appunto di un popolo, che sta fuori dalla Sardegna, che sta nel mondo. Di sardi nel mondo e di sardi del mondo, di un mondo che è diventato globale, ampio, lontanissimo ma vicinissimo, e che pure in questo mondo globale, pure magari lontano nel tempo dal momento in cui un allontanamento c'è stato, sentite e volete continuare a sentire, forte, un senso di appartenenza, un senso di comunità, di popolo, di appartenenza. Essendo cittadini di questo mondo globale volete continuare ad appartenere a un mondo locale, a un mondo antico, a un mondo dei padri, in qualche modo continuare ad avere una patria.

Insomma questo capisco, e ancora, andando avanti, e ci sarebbe certamente da parlare, ma andando avanti per fare in fretta, è stato ricordato molto bene con una bellissima espressione, anche oggi: l'appartenenza non è come una pietra, come una cosa posta per sempre, che esiste, che sarà lì, immutevole nel tempo, l'appartenenza è qualcosa che va costruita ogni giorno, è una cosa che va riconfermata, è una cosa su cui investire. Ebbene, questa appartenenza così preziosa, questa appartenenza così ricca, questa appartenenza così importante per ciascuno di noi, per ciascuno di voi, come continuiamo ad alimentarla per il futuro? Come continuiamo a tenerla viva? Come la costruiamo per il futuro? Forse il senso di questa conferenza può essere qui: come continuiamo ad appartenere a questa nostra patria? Come possiamo costruirla assieme questa appartenenza, doverosamente, ci è stato ricordato anche oggi, costruirla assieme perché un terzo dei sardi sono in questo momento fuori dalla Sardegna. Mi sono dimenticato di dire che fra questo terzo, in questo momento, io ho due figlie grandi, in età di lavoro: una è a Bologna in questo momento e una è a Londra, mi sono dimenticato di citarle, e lo hanno fatto anche loro per scelta naturalmente.

Come alimentarla questa appartenenza, che vogliamo costruire giorno per giorno? Allora, innanzitutto facendo ognuno la propria parte, per un progetto comunitario, per un progetto comune, per il bene comune, per il bene della Sardegna, per il bene dei sardi nel mondo e del mondo.

E allora, voi ci avete detto, già nella prima riunione: noi vogliamo partecipare. Non vi chiediamo nulla, l'ha detto anche in maniera secca, la giovane rappresentante della Svizzera. Non vi chiediamo nulla, vi chiediamo solamente di partecipare, vogliamo dare un contributo, vogliamo essere d'aiuto, e questo mi sembra che sia emerso in tutti i vostri interventi, intervento emerso in maniera importante, ancora nel primo giorno, l'intervento della signora Maxia, del Veneto, che diceva: vogliamo essere d'aiuto, vogliamo aiutarvi a… vogliamo contribuire, e come primo contributo vi portiamo la nostra esperienza di immigrazione, di una immigrazione in Italia che è stata non sempre facile, non sempre gentile, non sempre mite, ma l'immigrazione in Italia, negli anni dei grandi movimenti migratori, nell'Italia delle grandi fabbriche. È stato citato il quartiere Corea di Torino, sono stati i quartieri dell'hinterland milanese, sono stati momenti difficili. E allora ci avete detto: questa nostra esperienza può essere d'aiuto per comprendere i bisogni, le esigenze, le difficoltà di chi oggi arriva da migrante in Sardegna.

In questo senso mi sono molto riconosciuto con voi, in questo vostro portare esattamente questo: non avete chiesto per voi, avete chiesto che la vostra esperienza sia di tesoro per noi, che abbiamo oggi da occuparci di altre difficoltà, con colori di pelle un po' diverse, con parlate un po' diverse, con origini un po' diverse, ma che molte sono dovute alle stesse difficoltà che hanno segnato molte partenze. E allora, la Sardegna è luogo di immigrazione, in questi ultimi mesi, in questi ultimi anni e nel futuro mi auguro, certamente sarà luogo di immigrazione in pace, di gente che viene a cercare un futuro migliore, di gente che viene a cercare un lavoro, per sé e per la propria famiglia, di gente che viene qui, che verrà qui, io spero non pochi, a immaginare la propria vita, per i propri figli e, è stato detto da uno di voi, noi abbiamo un debito con la storia, le terre che hanno conosciuto emigrazione hanno un debito con la storia e noi quel debito con la storia, la Sardegna, lo vorrà onorare, accogliendo in maniera pacifica, in maniera consapevole, in maniera generosa, chi verrà a trovarli.

Come poterci aiutare ancora? Come partecipare? Come godere del vostro contributo, per costruire una Sardegna migliore e per cementare quell'appartenenza che dobbiamo sempre innovare? Abbiamo parlato di mezzi di comunicazione, abbiamo parlato della necessità di stare in contatto, della necessità di arricchirci del contributo di ciascuno di noi. Oggi si è parlato anche del 'Messaggero sardo', il 'Messaggero sardo' è stato uno strumento importantissimo di contatto nei decenni passati. Con qualche difficoltà, con anche una cesura, con qualche mese di distacco, è tornato ad esserlo in una forma diversa, noi speriamo un po' arricchita, e certamente ha i suoi meriti e ce li avrà nel futuro, e speriamo che qualcuno colga e prenda il testimone, così come è stato stamattina, però noi viviamo nel presente e il presente è fatto dalle nuove tecnologie, nuove tecnologie di cui voi avete parlato, di cui ha parlato in maniera così piena di speranze il direttore del Messaggero di Sant'Antonio. Non sorprende che la chiesa sia sopravvissuta per duemila anni, sia stata brava a promuovere il suo punto di vista, e allora per questo abbiamo voluto ricordare quello che la Regione sta facendo.

Esiste un sito, che si chiama www.regione.sardegna.it, ha lo stesso indirizzo di tutte le altre regioni italiane, regione.sardegna.it, ma dentro quel sito ci sono dei riferimenti, dei rimandi, a tutta una serie di siti tematici, il sito SardegnaCultura ad esempio, di cui avete visto l'home page, o il sito SardegnaTurismo, o il sito SardegnaTerritorio, o il sito SardegnaForeste, o il sito SardegnaDigitalLibrary, che presenteremo fra tre giorni e di cui discuteremo più a lungo in futuro.

È un momento di trasparenza e un momento di valorizzazione di un grande patrimonio di conoscenza che esiste e non era sufficientemente distribuito e che adesso invece può essere alla portata di tutti, compresa la portata di tutti voi, che siete dall'altra parte del mondo, e se è alla portata sempre, tutto il giorno, a casa vostra, nei circoli e dove volete, ma è anche uno strumento e deve diventare uno strumento di collaborazione con voi. Ora, in questa serie di siti di cui abbiamo parlato, manca in effetti ancora un sito, che avevamo annunciato e che non abbiamo fatto: SardegnaMigrazione o SardegnaMigranti.it, quello che vorrà essere, e allora, se esistono i blog, se esistono i forum di discussione, se esiste tutto quello che esiste, certamente dovremo imparare, dalle prossime settimane, dai prossimi mesi, a cogliere immediatamente anche quello che voi ci avete portato, e cioè, di utilizzare le tecnologie per avere un contatto, non unidirezionale e non episodico, ma costante, e non per darvi qualcosa, ma soprattutto per accogliere la vostra voglia di contribuire alla discussione e alla crescita della nostra regione".