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Autonomia: Sardegna, Sicilia e il modello catalano

Cagliari, sabato 20 settembre 2008, T-Hotel
"No, io vorrei anche tranquillizzare, soprattutto chi ci ascolta, che ci sono anche degli impegni dei nostri ospiti, per cui non faremo un altro giro di interventi e mi limiterò a intervenire anche brevemente io, perché abbiamo già sentito la voce della Regione Sardegna, grazie al contributo del Presidente del Consiglio Regionale Giacomo Spissu e dell'Assessore Dadea. Quindi, a me rimangono da aggiungere non troppe cose: innanzi tutto ringraziare ancora, di cuore, sia il Presidente Raffaele Lombardo che il Presidente José Montilla, per essere stati qui con noi, oggi, a portarci la loro testimonianza e il loro punto di vista, estremamente importanti e interessanti entrambi, sia per l'attualità del caso italiano all'interno della discussione, non di questo momento, proprio di questi minuti, di queste ore, con il governo, sul federalismo fiscale, e sia la testimonianza, così ricca, di una regione che, devo dirlo al Presidente Montilla, negli ultimi 8 anni siete cresciuti della popolazione della Sardegna, di un milione e mezzo, quindi questo è anche, un pochino, il tema di confronto.

La testimonianza ancora, dicevo, del Presidente Montilla, che ci ha parlato di una Catalunya così…. di una crescita così forte, anche sorprendente per certi punti di vista, e di una storia anche antichissima, lontanissima, come mi ha ricordato ancora, nel '200, ma anche così recente, di appena 30 anni dal cambiamento, dal ritorno dagli anni del regime in Spagna.

Allora, alcune cose, alcune riflessioni: appunto, la storia antica e recente, e dentro questa storia antica e recente si cala anche la vicenda sarda in questo momento. Si cala la vicenda sarda, che dopo tanti anni di parlare, di discutere, di confrontarsi, di verificare giorno per giorno lo stato dell'autonomia, la necessità, le opportunità dell'autonomia, mentre da tempo abbiamo discusso di Statuto e della necessità della riscrittura, di riportare la discussione all'interno del popolo sardo, improvvisamente il tema si è fatto nazionale, con la richiesta forte, venuta soprattutto dalle regioni del nord, di riconsiderare il patto tra le regioni, il patto dello Stato, e il tema dell'autonomia è diventato il tema del regionalismo, il tema del federalismo in Italia, e oggi stiamo vivendo quello che anche il Presidente Lombardo ha chiamato 'un momento storico', perché certamente oggi si sta cambiando, si cerca di cambiare, in Italia, il fondamento stesso della convivenza nazionale, e le nostre regioni, le nostre comunità, sono chiamate a fronteggiare oggi una discussione, una discussione che è serrata, una discussione che è proprio sui fatti e che rischia, nel bene, nel male, di generare cambiamenti importanti anche nelle nostre regioni.

Oggi celebriamo 60 anni di autonomia, 60 anni del nostro Statuto. Sembra tantissimo, abbiamo sentito la storia recente della Catalunya, che è una storia di 30 anni. Mi viene da ricordare, il nostro Statuto, non è la prima volta che abbiamo avuto uno Statuto, anche noi abbiamo avuto una storia antica. C'è stato un momento in cui a uno Statuto abbiamo rinunciato, è stato ricordato anche da poco, è stato nel 1847 mi pare, in cui, per la perfetta fusione, noi abbiamo fatto esattamente il contrario di quello che tutti cercano di fare adesso, abbiamo rinunciato a uno Statuto, adeguandoci agli Statuti degli altri. All'epoca molti dissero: 'State attenti, perché state andando a rinunciare a quello per cui molti paesi combattono da secoli, popoli combattono e muoiono, e voi ci state andando a rinunciare'.

La Sardegna ha mancato un suo Statuto per oltre un secolo e ha riguadagnato un suo Statuto nel 1948. Questo Statuto ci ha portato fino a oggi, ha accompagnato la crescita sociale, civile, economica della nostra regione in questi decenni. Oggi c'è da fare un passo avanti, c'è certamente da riscrivere lo Statuto, ma c'è anche soprattutto da sostanziare lo Statuto che oggi abbiamo, sostanziarlo e dargli effettiva efficacia. Io credo che questo non l'abbiamo fatto abbastanza fino a oggi, e non capisco quale sia il valore di un'autonomia di una regione, se alla fine non siamo nemmeno capaci di prendere le nostre decisioni su cose pratiche, fondamentali, come assicurare il trasporto marittimo, assicurare la possibilità di uscire da un'isola, e ancora oggi essere soggetti a una discussione che non è la nostra, o a una decisione che non è la nostra, ma è degli altri, addirittura su come uscire dalla porta di casa.

Qual è la nostra autonomia oggi, se non siamo nemmeno in grado di decidere autonomamente come uscire, appunto, da casa e andare a incontrare gli altri, i nostri amici o le altre regioni italiane, le altre regioni del mondo. Io non riesco a comprendere pienamente il valore di un'autonomia, fintanto che non entra nella discussione nazionale, non entra nel nostro diritto, che la nostra terra non sia bombardata, in tempo di pace, per la quasi totalità delle bombe che vengono esplose.

Io, fintanto che esiste un dominio militare nella nostra terra, non riesco a comprendere il valore dell'autonomia di cui tanto siamo orgogliosi. In Sardegna ancora oggi, pochi giorni fa, abbiamo assistito a un generale, che ha parlato in una maniera… di un'arroganza che non è comprensibile nemmeno, a volte in tempo di guerra e da parte di eserciti occupanti. Abbiamo sentito di generali che si esprimono, così, con facilità, sul perdurare di un'occupazione militare, sul perdurare di un'attività inutile, gravosa e assolutamente dannosa nella nostra regione. Sul perdurare del fatto che decine e decine di chilometri di coste siano sottratte alla convivenza sociale, ma siano bombardate, inquinate, massacrate.

Io non riesco a capire il senso della nostra autonomia regionale, avendo sentito anche l'intervento di Montilla adesso, quando noi siamo sconosciuti all'Europa, nel senso che non abbiamo un deputato europeo. Siamo sconosciuti all'Europa, e finalmente abbiamo un deputato europeo, da qualche giorno, semplicemente perché era il settimo eletto e credo che sei, prima di lei, hanno rinunciato per diversi motivi.

E' vero, siamo una regione non molto popolosa, siamo 1.640.000 abitanti, ma è pur sempre la popolazione, forse tre volte superiore a qualche Stato dell'Unione Europea. E abbiamo sopportato, io ancora non mi capacito di come abbiamo potuto sopportare di essere in un collegio elettorale che esprime 9-10 deputati europei, e per una regola circa 6 o 7 vanno alla Sicilia, che peraltro è più popolosa di noi, in proporzione ha diritto ad averne più di noi, ma addirittura 2 o 3 vengono sottratti nel calcolo dei resti, per cui vengono redistribuiti dentro l'intero Paese. Per cui noi veniamo trattati in maniera residuale, siamo un resto da distribuire al resto del Paese, ma qual è il valore?

Io non comprendo pienamente il significato che noi vogliamo dare alla parola autonomia, fin quando, per tante competenze appunto, le strade, per costruire un pezzo di strada, in Sardegna, abbiamo bisogno di qualcuno che ce lo progetti fuori, che ce lo appalti fuori, che ce lo gestisca fuori, e poi nel mantenerlo spende in Sardegna meno di un quarto di quello che spende per km nelle altre regioni d'Italia. Non capisco come sostanziamo noi e che significato diamo a questa cosa, sotto diversi aspetti quindi. E allora è arrivato il momento, ed è proprio questi giorni: noi martedì dovremo dire, in conferenza dei Presidenti delle Regioni, cosa pensiamo del disegno di legge del Governo, che stabilisce dei principi certamente, ma stabilisce dei principi anche pericolosi per noi, e ci siamo trovati, ancora tre giorni fa mi pare, meno di tre giorni fa, in cui è emerso chiaramente il confronto tra le Regioni a Statuto ordinario e le Regioni a Statuto speciale, e inizialmente di disinteresse reciproco, come dire: noi lasciamo fare la parte vostra a voi, voi lasciateci in pace per quel che ci riguarda. Ma questo è durato, alla fine, anche abbastanza poco, perché poi, successivamente è emerso che le regioni a Statuto ordinario vogliono entrare nel merito di quello che accade alle regioni a Statuto speciale, e vogliono, in qualche modo, che risorse storicamente attribuite alle regioni a Statuto speciale non vengano più trasferite, e diritti acquisiti non vengano più riconosciuti, ed emerge chiara la volontà di tante regioni, per le quali il regionalismo è regionalismo, punto, e non c'è nessun motivo perché ci siano delle regioni che abbiano una loro specificità, una loro autonomia speciale.

Allora, che cosa andremo a dire martedì? E che cosa andremo a dire successivamente, quando dai principi, dalla legge dei principi, si passerà ai Decreti di attuazione, e viene stabilito che nei mesi successivi, nei sei mesi successivi, in rapporti bilaterali tra Stato e Regioni occorrerà approvare le norme di attuazione, e quindi proprio le modalità con cui le diverse competenze verranno attribuite, le diverse risorse verranno distribuite, compartecipate.

Ci assiste il dibattito di tutti questi anni, ci assiste la discussione, che è stata ampia in Sardegna in questi anni, ci assisterà e ci deve assistere le discussioni che continueremo a fare nelle prossime settimane, perché oggi sono in un grande momento, oggi sono di attualità, e mentre appunto continuiamo a discutere, a Roma ormai si decide, e bisogna portare il nostro contributo a queste decisioni.

Io vorrei vivere questo momento come una grande opportunità. A volte i nuovi Statuti sono stati conquistati: c'è voluta una guerra. A volte, c'è voluto il crollo di una dittatura, c'è voluta la nascita di una Repubblica. E' possibile che un nuovo Statuto in Sardegna si possa conquistare, fattualmente, all'interno di una grande discussione sulla distribuzione dei soldi. Sembra poco onorevole, forse, che si arrivi a un nuovo Statuto partendo dai soldi, ma a me non interessa da dove si parte, mi interessa soprattutto dove si arriva, e io credo che partendo dalla discussione dei soldi, promossa dalle regioni del nord, noi dobbiamo uscire con uno Statuto totalmente diverso, partendo dalle sue norme di attuazione e poi certamente arrivando anche alla sua riscrittura di alcuni punti.

Io credo che se dobbiamo discutere di soldi non dobbiamo non discutere di servitù militari, non dobbiamo non discutere di demanio, non dobbiamo non discutere di beni culturali, non dobbiamo non discutere di ambiente, di lingua, di rappresentanza europea, e se portiamo a termine queste discussioni, il grado di autogoverno, di sovranità, io vorrei dire, di questa regione, sarà totalmente diverso. E' vero che la Corte Costituzionale ha bocciato l'uso di questa parola, però c'è tutta una dottrina che dice che ormai le sovranità sono distribuite. Noi mica dobbiamo chiedere al Ministero dell'Agricoltura la possibilità di piantare una nuova vigna in Sardegna, ormai piantare una nuova vigna dipende dai regolamenti europei. E' chiaro che in tema di vigne ormai la sovranità appartiene all'Unione europea. Le sovranità ormai sono distribuite, sotto diversi aspetti: dal governo del territorio, alla gestione del mare, dell'ambiente e così via, e su alcuni punti, alcune parti di sovranità, è chiaro che debbano appartenerci e che debbano essere ridefinite.

Questo termine dev'essere circostanziato diversamente: circostanziamolo. Dev'essere specificato meglio, in maniera che non spaventi nessuno: specifichiamolo. Però è totalmente evidente, appunto, che se non chiediamo che nessuno ci costruisca lo stretto di Messina, se non chiediamo che qualcuno ci porti gratis dall'altra parte del Tirreno, almeno chiediamo che nessuno ci obblighi a utilizzare un servizio che non esiste e ci obblighi di fatto a non avere la possibilità di uscire di casa. Così come, se comprendo che ognuno deve bastare a se stesso, e noi dobbiamo bastare a noi stessi, e lo diceva molto bene anche il Presidente Lombardo prima, ci sono stati anni in cui forse abbiamo scambiato assistenzialismo per autodeterminazione, per indipendenza, e ora che tutti ci richiamano alla necessità di uscire dall'assistenzialismo e le stesse regioni ricche non sono più disponibili ad andare avanti nell'assistenzialismo ancora per molto tempo, è evidente che mettiamo da parte l'assistenzialismo, ma mettiamo anche da parte il paternalismo, e cioè, mettiamo in campo finalmente l'autodeterminazione delle nostre regioni.

Io lo affermo con molta tranquillità e con molta convinzione, perché penso che saremo notevolmente più in grado noi di gestirci i nostri trasporti. Saremo notevolmente più in grado noi di gestire in maniera adeguata i nostri beni culturali. Saremo notevolmente più in grado noi di gestire bene anche un parco nazionale, all'Asinara o a La Maddalena. Saremo più in grado noi di riformarli, in maniera che siano più efficaci, più efficienti, che la smettano di avere organismi pletorici e inutili e che smettano di costare, nel loro stesso funzionamento, quasi la totalità delle risorse che hanno a disposizione. Chiunque veda come è trattato il parco nazionale della Maddalena, o veda come è trattato il parco nazionale dell'Asinara, capisce subito che quella norma nazionale sui parchi non ha alcun senso, che sono il contrario della tutela, basta farsi un giro per l'arcipelago, o basta farsi un giro, appunto, per l'isola dell'Asinara.

Io sono molto tranquillo, perché è totalmente evidente che dove possiamo occuparci dei nostri problemi possiamo occuparcene meglio e con meno sciupio di risorse. E allora, è un momento di grande importanza per la nostra storia recente, è il momento in cui la riscrittura dello Statuto, che abbiamo cercato di fare, in maniera anche fattuale in questi anni, dalla vertenza sulle entrate, la discussione sui demani, la discussione sulle servitù militari e così via, entra nel vivo. Entra nel vivo con il nuovo patto con lo Stato, che è un patto che dev'essere fatto anche di sconfitte. Chi è che vince, chi è che può vincere se non è disposto a perdere qualche battaglia, a prendersi ferite e non possiamo spaventarci alla prima sconfitta, non possiamo spaventarci alla prima sentenza della Corte Costituzionale, che dice che il termine 'sovranità' non va bene. Non possiamo spaventarci al primo ricorso da parte del Governo, che dice che il Piano paesaggistico è andato al di là delle competenze, poi magari viene sconfitto nella Corte Costituzionale. Non possiamo spaventarci al primo chiarimento della Corte Costituzionale, che dice: 'Va bene l'imposizione fiscale, però devi solamente in un certo modo e in questo modo no', e ci concentriamo solamente sul no, perdendo di vista totalmente la grande importanza dei sì.

Non possiamo spaventarci davanti ai contrasti, che pure abbiamo avuto e che dovremo continuare ad avere, anzi, io credo che dobbiamo in qualche modo promuovere i contrasti, perché altrimenti sarà difficile fare dei passi avanti. Dobbiamo stare sulla corda, per cercare appunto di fare dei passi avanti in questa regione. E allora, è importante stare assieme, come diceva il Presidente Lombardo. E' importante stare assieme sulle autonomie, perché noi partecipiamo a una Costituzione che nel 1948 è nata su una specificità e sull'autonomia regionale, per mille motivi che non vale la pena di richiamare adesso, o che non è il momento di richiamare. Questa specificità noi vogliamo mantenere, vogliamo sostanziare e vogliamo far crescere, non vogliamo rinunciarci. E' il momento quindi di portarla avanti, con una discussione che nasce, sorprendentemente, richiamata da altre regioni invece che da noi, ma l'occasione è ugualmente opportuna e propizia.

E' importante stare assieme. E' importante stare assieme, non solo tra regioni del nostro paese, ma anche tra regioni del Mediterraneo, come le chiamava il Presidente Montilla. In questo momento è in atto una discussione, che probabilmente verrà completata prima della fine dell'anno, per la partecipazione della Sardegna a un'euroregione: la regione delle isole del Mediterraneo, con le Baleari, la Sicilia, Malta e altre regioni. E' il momento dello stare assieme, per molti punti di vista, e concordo molto che bisogna stare assieme, certamente dentro la cornice nazionale, ma anche molto stare assieme dentro la cornice europea. La cornice europea, che forse riconosce in questo momento più della stessa cornice nazionale il valore delle regioni e il valore delle autonomie regionali.

Il recente incontro di luglio, che è stato richiamato, del 13 luglio mi pare, in Francia, sul processo di Barcellona e l'unione per il Mediterraneo, a cui hanno partecipato, in maniera importante, 43 capi di Stato, al terzo punto richiama il valore della partecipazione delle autonomie regionali e dice che l'Europa per il Mediterraneo, il processo di Barcellona, dev'essere guidato dai Governi, ma deve essere guidato dalle regioni, e per questo lo stesso Governo Italiano è stato chiamato a far partecipare direttamente le regioni, nelle discussioni e nella costruzione futura, e la stessa Unione Europea sostanzia questo processo di Barcellona e la cooperazione attraverso due programmi europei, la cui responsabilità di gestione è offerta alle regioni e non direttamente ai Paesi, una è una regione francese e un'altra è una regione italiana.

Quindi, terminerei qui. Stiamo assieme, regioni a Statuto speciale in Italia, in questo momento direi estremamente importante e decisivo. Stiamo assieme, come ci ha ricordato il Presidente Montilla, regioni del Mediterraneo, in un'Europa che vogliamo, non solo settentrionale, ma che vogliamo anche Mediterranea, e stiamo assieme noi, popolo sardo, senza paura, senza timore. E' un momento cruciale della nostra storia, in cui dobbiamo mettere da parte titubanze, timidezze, piccole paure. Dobbiamo mettere da parte soprattutto le divisioni, che ci hanno malauguratamente caratterizzato in tante occasioni, e dobbiamo finalmente acchiappare, conquistare, quella che è stata la speranza del passato e che oggi è nelle nostre mani."