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IL SISTEMA AMBIENTALE DELLA SARDEGNA

Quadro normativo

Nel 1976 le Nazioni Unite hanno elaborato una Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo, conosciuta anche come Convenzione di Barcellona, modificata poi nel 1995, e ratificata da 21 Stati rivieraschi, compresa l’Italia.

Questo documento mira a tutelare il Mar Mediterraneo e le relative zone costiere che subiscono costantemente forti pressioni ambientali, come l’intenso traffico marittimo, l’inquinamento, il turismo insostenibile, stagionale e di massa e l’eccessiva ed irrazionale cementificazione delle coste. Questa Convenzione viene accompagnata da sette Protocolli che prevedono azioni specifiche e riguardano: la prevenzione e l’eliminazione dell’inquinamento prodotto da scarichi effettuati da navi e aerei o prodotto da incenerimento a mare; la protezione contro l’inquinamento proveniente da fonti ed attività situate sulla terraferma; la tutela delle aree a protezione speciale e la diversità biologica; la prevenzione dell’inquinamento causato dai movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e dal loro smaltimento; la cooperazione nella lotta operativa all’inquinamento causato da petrolio e da altre sostanze pericolose in situazioni d’emergenza; la protezione dall’inquinamento derivante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondale marino e del sottosuolo; e, infine, la gestione integrata delle zone costiere.

Quest’ultimo Protocollo è stato adottato in Spagna a gennaio 2008 e firmato da 14 Stati rivieraschi, compresa l’Italia. Esso indica che le Parti contraenti dovranno assicurare l’uso e la gestione sostenibile delle zone costiere al fine di preservare gli habitat marini e costieri, il paesaggio, le risorse e gli ecosistemi naturali. Gli Stati dovranno perciò adottare una serie di strumenti normativi, secondo le singole specificità locali. In particolare, occorre regolamentare alcune attività economiche (quali la pesca e l’acquicoltura, l’agricoltura, l’industria, l’energia, le infrastrutture, i porti e le attività marittime, il turismo, lo sport e le attività ricreative in genere), che potenzialmente, e se mal organizzate, potrebbero nuocere all’intero sistema marino e costiero.

Anche la Comunità Europea ha regolamentato la Gestione Integrata delle Zone Costiere, ancor prima delle Nazioni Unite, seppur con atti non vincolanti che spesso non hanno avuto i risultati sperati. Il documento più importante è la Raccomandazione del 2002, secondo cui gli Stati Membri devono adottare delle strategie per la gestione sostenibile delle proprie coste. L’Italia non ha ancora adottato nessun atto in merito; l’unico riferimento normativo è il Codice Urbani, il quale all’articolo 142 specifica che le aree costiere comprese in una fascia di profondità di 300 metri dalla linea di battigia, comprese quelle elevate sul mare, rientrano tra le aree tutelate per forza di legge, e quindi sempre. Alcuni regioni, però, hanno già adottato piani di gestione integrata.