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La fauna della Sardegna
Daino P. Conte
Ultimo aggiornamento: 04/06/2010

L'attuale composizione della fauna sarda è il risultato sia delle evoluzioni paleogeografiche e paleoclimatiche dell'isola e sia dell'azione dell'uomo. Le interazioni dell'uomo con la fauna si sono manifestate, già a partire dal paleolitico, con la caccia, l'introduzione di nuove specie e la domesticazione di specie selvatiche.
Dal punto di vista biogeografico, l’area mediterranea ricade nella regione Paleartica che comprende al suo interno un’ampia porzione di mondo: l’Europa, gran parte dell’Asia, il nord Africa, l’islanda, gli arcipelaghi delle Canarie e delle Azzorre.
Il bacino del Mar Mediterraneo, il cui nome significa proprio mare circondato dalle terre, con le sue aree continentali prospicienti e le sue isole, viene indicato come la sottoregione mediterranea.

Qui domina il bioma a macchia mediterranea, caratterizzato da un assetto di specie ecologicamente coerente con lo spazio fisico e il clima, anch’esso definito mediterraneo, con inverni brevi, miti e poco piovosi e lunghe estati aride.
La vegetazione è di tipo semi arido, dominata da piante arboree ed arbustive sempreverdi, con foglie coriacee (sclerofille), spesso spinose, con portamento e struttura che sono la risultante dall’adattamento al clima.

Il bacino del Mediterraneo è caratterizzato da una grande quantità di isole ed arcipelaghi di diversa grandezza; la Sardegna, insieme alla Corsica e alla Sicilia, fa parte delle isole tirreniche centrali che, sebbene accomunate nel medesimo distretto, hanno una storia geologica completamente diversa e rappresentano due sistemi biogeografici distinti. Il sistema Sardo-Corso riunisce due delle più grandi isole mediterranee, insieme ad un centinaio di isolette e scogli di varie dimensioni. Tra le più grandi isole circumsarde sono l’Asinara e S. Pietro.

Le differenze nei popolamenti insulari sono determinate fondamentalmente dall’origine geologica, dalla superficie territoriale e dalla distanza dalla terraferma. Anche l’altezza dei rilievi montuosi è un fattore molto importante perché influisce sul clima e determina, a parità di estensione territoriale, una maggiore complessità ambientale e, conseguentemente, una maggiore biodiversità.
Nell’accezione comune del termine, l’insularità è una condizione molto particolare ma è anche una condizione generalizzabile a moltissime situazioni esistenti nelle più diverse scale geografiche e territoriali. Infatti moltissime altre distribuzioni territoriali degli organismi sono riconducibili al concetto di isola o isolato biologico: è, ad esempio, quanto è avvenuto in Sardegna per il genere Speleomantes, ormai riconosciuto in quattro distinte specie: S. genei, S. imperialis, S. supramontis e S. flavus. L’ambiente isolato favorisce e consente, infatti, la formazione di popolazioni, più o meno marcatamente distinte da quelle di origine, adattate all’ambiente che vengono distinte in specie, sottospecie o razze geografiche particolari.
La relazione tra superficie dell’isola e il numero di specie presenti determina la ricchezza specifica, questa relazione ci fa capire, tra le altre cose, che gli endemiti sono le specie che, in assoluto, risultano più fragili alle minime alterazioni ambientali causate dall’uomo.
L’isolamento provoca una serie di mutamenti e fenomeni evolutivi caratteristici e costanti, tra i quali ricordiamo:
- le variazioni di colore: diverse popolazioni, in particolare di rettili e insetti, mostrano il prevalere di colorazioni scure, tendenti al nero (melanismo), dovute probabilmente ad una più efficace schermatura alle radiazioni solari, oppure a fenomeni mimetici o, ancora, al regime alimentare che farebbe aumentare la frequenza di cellule pigmentate;
- la variazione delle dimensioni: le forme biologiche più grandi, come i grandi mammiferi erbivori tendono a ridursi (nanismo) mentre le forme più piccole, come i micromammiferi o i rettili, tendono, viceversa, a diventare più grandi (gigantismo). Il nanismo consente di ospitare un maggior numero di individui a parità di estensione territoriale, consentendo così una maggiore eterozigoti; viene considerato anche una risposta adattativa ad ambienti poveri di risorse alimentari; in questi ambienti, inoltre, la mancanza di grandi predatori rende inutile il vantaggio selettivo determinato da un aumento di taglia.
- l’endemismo: l’isolamento genetico delle popolazioni presenti nelle isole e le caratteristiche ecologiche e climatiche degli ambienti insulari determinano processi di speciazione più veloci che sul continente. Le barriere ecologiche che ostacolano o impediscono la colonizzazione dall’esterno di nuove forme, riescono in alcuni casi a garantire la sopravvivenza di specie relitte, estintesi da millenni sul continente, come nel caso dell’euprotto (Euproctus platycephalus) e del geotritone (Speleomantes sp.);
- la ridefinizione dei parametri demografici e comportamentali: l’abbondanza o la densità di popolazione tende ad essere maggiore nelle isole che in analoghe situazioni continentali; ciò si esprime come riduzione dei territori vitali, come sovrapposizione territoriale e d accettazione di con specifici subordinati o giovani, come riduzione dell’aggressività e della difesa territoriale.

L’origine dell’attuale popolamento faunistico della Sardegna può essere ascritto a tre distinte fasi: la prima riferita al Miocene superiore (messiniano), la seconda risalente alle ultime glaciazioni del Quaternario, la terza attribuita alle introduzioni avvenute in tempi preistorici e storici ad opera dell’uomo.
Dell’antica fauna vertebrata continentale, risalente al Terziario inferiore, testimonianza del periodo in cui la Sardegna era unita al continente europeo, restano in varie parti dell’Isola sole le 5 specie endemiche di anfibi urodeli: l’euprotto e le quattro specie di geotritone.
Si sono estinti invece, discendenti dal periodo mio-pliocenico, il Prolagus, appartenente ai lagomorfi ocotonidi, alcuni roditori terricoli ed arboricoli, una scimmia appartenente al genere Macaca. Risalenti invece al Pleistocene inferiore e medio, si sono estinti alcuni soricidi, un cane simile ad uno sciacallo (il Cynoterium), una lontra, (la Algarolutra e la Sardolutra), un elefante (Mammuthus), un ippopotamo (Hippopotamus), i cervi, un secondo ocotonide, un roditore, alcuni muridi e aluni rettili tra cui anche un coccodrillo (Tomistoma calaritanus).
Nella prima fase (6,3 - 5,3 milioni di anni fa) avviene un evento importantissimo che determina uno sconvolgimento nella composizione della fauna fino ad allora presente nel bacino del mediterraneo. A causa di una compressione tettonica che avvicina la Spagna e l’Africa, il Mediterraneo si isola dall’Oceano Atlantico e si viene a formare così una diga naturale. Senza più la connessione con l’oceano, l’evaporazione delle acque marine supera l’apporto idrico delle piogge e dei fiumi, il Mediterraneo diviene così una successione di grandi laghi salati. Questo evento, detto "crisi di salinità", provoca la morte di quasi tutti gli organismi marini e l’affermarsi sulle terre emerse di un clima arido e di una vegetazione di tipo desertico. La connessione con l’Oceano Atlantico si ristabilisce a partire da 5 milioni di anni fa, nel Pliocene, in cui si ha la formazione del Mar Egeo e della penisola italiana, che emerge dapprima come arcipelago e poi come sistema montuoso unico.
In questa fase si ha l’immigrazione di alcuni Anfibi e Rettili:
1) il discoglosso (Discoglossus sardus), di mediterraneo-tirrenica;
2) il rospo smeraldino (Bufo viridis), di origine paleartica;
3) la raganella (Hyla sarda), di probabile origine tirrenica;
4) il tarantolino (Phyllodactilus europaeus), di origine mediterranea;
5) l’algiroide nano (Algiroides fitzingeri), di origne mediterranea;
6) la luscengola (Chalcides chalcides vittatus), di origine mediterranea;
7) il gongilo ( Chalcides ocellatus tiligugu), di origine mediterranea;
8) la biscia viperina (Natrix natrix), di origine mediterranea.

La seconda fase del popolamento faunistico, risale invece al Quaternario (Pleistocene) in cui il clima si raffredda sempre più ed hanno inizio le ultime glaciazioni; che hanno un andamento ciclico e più ravvicinato rispetto alle Ere passate. Durante i periodi glaciali i circoli polari si estendono "intrappolando" un’enorme quantità di acqua marina sotto forma di ghiaccio determinando, conseguentemente una regressione del livello del mare ed un’estensione delle terre emerse. Si formano così ponti e stretti che consentono a diversi territori isolati di entrare in contatto tra loro o con le aree continentali limitrofe.
Nel corso del Pleistocene si instaura il cosiddetto "ponte" sardo-corso-toscano, che ha consentito l’immigrazione di un rettile e tre mammiferi:
1) il biacco (Coluber viridiflavus), di origine mediterranea;
2) il riccio (Erinaceus europaeus), di origine paleartica;
3) il topo quercino (Eliomys quercinus sardus), di origine paleartica e possibile endemismo sardo-corso;
4) la volpe (Vulpes vulpes ichnusae), di origine paleartica e possibile endemismo sardo-corso.

L’alternanza delle fasi glaciali ed interglaciali ha avuto un’importanza enorme sulla formazione d definizione del paesaggio mediterraneo e sulla composizione della flora e della fauna. Ad ogni fase geologica e climatica sono corrisposti migrazioni ed estinzioni, in risposta agli stress climatici e al continuo e sempre crescente impatto antropico.
Nell’area mediterranea sono riconoscibili almeno tre grandi momenti di 2coevoluzione2 uomo-ecosistema. Il primo corrispondente al Pleistocene medio in cui gli incendi naturali e l’uso del fuoco per diradare la dense selve al fine di facilitare la caccia e la raccolta dei frutti cominciarono a diventare dei fattori di disturbo alle comunità vegetali e faunistiche. L’effetto dell’uomo del Paleolitico può essere paragonato a quello di una specie che riassumesse in sé le caratteristiche di ecologia alimentare sia da grosso carnivoro che da grosso erbivoro.
Vi fu un secondo momento di transizione tra il Paleolitico e il Neolitico di "coltivazione passiva" e di "domesticazione specializzata", durata alcune migliaia di anni, in cui l’uomo agisce sostanzialmente sulla raccolta intensiva di cibo, sia animale che vegetale, selezionando le aree naturali su cui compierla.
Il terzo fondamentale momento fu il Neolitico, all’inizio dell’Olocene, in cui si ha il definitivo passaggio alla "coltivazione attiva" che ha comportato la completa domesticazione di vegetali ed animali e l’instaurarsi di un economia basata sempre di più sulla produzione intensiva e la definizione di un vero e proprio paesaggio agro- pastorale.
Il taglio e l’incendio dei boschi, unitamente al pascolo, favoriscono una sempre maggiore erosione ed impoverimento dei suoli con l’ingresso di elementi flogistici e faunistici di tipo xerico.
Questi tre momenti culturali che hanno caratterizzato la "coevoluzione" tra uomo a ambiente, insieme alle introduzioni faunistiche avvenute in tempi storici, dai fenici, dai romani, etc. a scopo venatorio, ornamentale e/o di compagnia, costituiscono la terza fase del popolamento faunistico in Sardegna. A questa fase risale l’introduzione di:
1) testuggine greca (Testudo greca), di origine mediterranea;
2) testuggine marginata (Testudo marginata), di origine mediterranea;
3) saettone (Elaphe longissima);
4) colubro ferro di cavallo (Coluber hippocrepis);
5) pernice (Alectoris barbara), di origine mediterraneo-maccaronesica;
6) gatto selvatico (Felis silvestris libica);
7) martora (Martes martes latinorum), di origine paleartica;
8) cervo (Cervus elaphus corsicanus), di origine ne’artica paleartica; endemismo sardo corso;
9) daino (Dama dama), di origine mediterranea;
10) muflone (Ovis ovis musimon), di origine oloartica; endemismo sardo corso.

Attualmente la fauna vertebrata sarda risulta costituita da 9 specie di anfibi (5 Urodeli e 4 Anuri); 20 specie di rettili (1 Emide, 3 Testudinidi, 1 Chelonide, 3 Geconiidi, 1 Camaleontide, 6 Lacertidi, 2 Scincidi e 5 Colubridi); 152 specie di uccelli (2 Podicipediformi, 3 Procellariformi, 2 Pelicaniformi, 9 Ciconiformi, 1 Fenicotteriforme, 9 Anseriformi, 10 Accipitriformi, 5 Falconiformi, 4 Galliformi, 6 Gruiformi, 13 Caradriformi, 4 Columbiformi, 1 Psittaciforme, 2 Cuculiformi, 4 Strigiformi, 1 Caprimulgiforme, 3 Apodiformi, 4 Coraciformi, 3 Piciformi e 65 Passeriformi); 21 specie di mammiferi (3 Insettivori, 19 Chirotteri, 2 Lagomorfi, 7 Roditori, 4 Carnivori e 4 Ungulati).
Delle 219 specie di vertebrati terrestri riproducentesi nell’Isola, 117, pari al 53% del totale, sono comprese tra quelle minacciate di estinzione, vulnerabili, rare e/o a status indeterminato o insufficientemente conosciuto. Questo ci fa capire quanto sia importante, ai fini della conservazione della biodiversità, proseguire nel cammino prima intrapreso dall’ex Azienda Foreste Demaniali e poi proseguito dall’Ente Foreste della Sardegna, nello studio, nella ricerca applicata e nella gestione faunistica delle Foreste Demaniali.

La fauna non è più considerata "res nullius" ma bensì "res pubblica", quindi bene della collettività e come tale gode della tutela prevista dalle diverse normative di legge regionali, nazionali e comunitarie. E’ però necessario compiere un ulteriore passo nel trasferirimento dei principi propri della conservazione e dell’uso sostenibile della fauna selvatica nel quadro normativo. La conservazione della fauna, evidentemente, comprende la conservazione degli ecosistemi e della loro funzionalità nel tempo, questo significa per l’Ente Foreste della Sardegna perseguire una gestione integrata e sostenibile delle foreste che sia in grado di agire ed intervenire sui fattori limitanti e sulle cause che li hanno determinati, mantenendo e, anzi, aumentando il grado di biodiversità nei suoi aspetti di ricchezza genetica, di specie e di habitat.

L. Fleba



Riferimenti bibliografici essenziali
A. Azzaroli, 1983.
Biogeografia dei mammiferi della Sardegna
In I lavori della Società Italiana di Biogeografia
Il popolamento animale e vegetale della Sardegna

L. Fleba, A.Torre, S. Cossu, 1993
La Fauna della Nurra
In La Nurra
Delfino Editore

M. Sarà, 1998
I mammiferi del Mediterraneo
L’EPOS Società Editrice

H. Schenk,1993
Status faunistico e di conservazione dei vertebrati Amphibia, Reptilia, Aves, Mammalia) riproducentesi in Sardegna, 1900-93: contributo preliminare.
In Atti del 1° Convegno su "Studio, gestione e conservazione della fauna selvatica in Sardegna"
Oristano 1993. Coedizione Edizioni del Sole Collana Mediterranea e Amministrazione Provinciale di Oristano